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PIL Italia, quello pro capite è sceso del 12,8% tra il 2008 e il 2014

Economia, Finanza
PIL Italia, quello pro capite è sceso del 12,8% tra il 2008 e il 2014
(Teleborsa) - In occasione dei festeggiamenti del 70° anno dalla nascita di Confcommercio, l'Associazione degli industriali ha deciso di pubblicare una nota sul PIL dall'Unità d'Italia a oggi.
Dal 1861 a oggi, la nostra storia è costellata da diverse cadute del prodotto pro capite reale. Fino al 1945 gli episodi di crisi sono sostanzialmente legati agli eventi bellici o di instabilità post-bellica: terza guerra d’Indipendenza, entrata nel primo conflitto mondiale, smobilitazione dopo la grande guerra, guerra d’Etiopia e conseguenti effetti del regime delle sanzioni internazionali, seconda guerra mondiale. Quest’ultima è la più grave con una caduta del prodotto pro capite di quasi la metà (nel 1945 il PIL pro capite è soltanto il 54% di quello del 1939). Di eccezionale intensità appare anche la caduta del 1867 (terza guerra d’Indipendenza) mentre la crisi conseguente alla prima guerra mondiale si divide nei periodi 1914-1915 e 1920-1921, nel cui intermezzo (periodo 1916-1919) lo sforzo bellico e la consistente riduzione della popolazione fanno crescere il PIL.

Alle crisi belliche si aggiungono gli effetti di quella del 1929 negli Stati Uniti, il cui riverbero in Italia copre il biennio 1930-1931 con una caduta complessiva del PIL pari al 7,2%.

Durante il secondo lungo periodo di pace si avvertono due cadute prima dell’ultima recente: la prima riguarda lo shock petrolifero, dovuto largamente alla circostanza che i Paesi arabi esportatori di petrolio, a causa della crisi innescata dalla guerra del Kippur (ottobre 1973, attacco ad Israele da parte di Egitto e Siria), scelgono di contrarre bruscamente le esportazioni verso i paesi occidentali, accusati di sostenere Israele, formando un cartello che di fatto determina il prezzo della materia prima sui mercati internazionali (qualcosa che non era mai accaduto in precedenza). Sono gli anni in cui si è appresa la lezione che un elevato prezzo del petrolio danneggia le economie che consumano energia, soprattutto a fini di trasformazione industriale.

Si giunge al 2007 che nello scorcio finale presenta, sul piano internazionale, segni di una possibile crisi imminente, che si manifesta, poi, nei dati del PIL trimestrale delle principali economie avanzate, Italia inclusa, a partire dal 2008. Il PIL pro capite, tra il 2008 e il 2014 scende del 12,8% (dell’1,9% è la riduzione media annua nel periodo).

Effettivamente, quella che ci siamo appena lasciati alle spalle, si configura come la peggiore crisi economica di tutta la storia d’Italia, dopo quella sofferta a cavallo del secondo conflitto mondiale.

Per esserne certi, è sufficiente accorpare gli anni che vanno dal 1914 al 1921 - considerando la crescita 1916-1918 come un temporaneo intermezzo tra due periodi di recessione - e quelli che coprono la crisi successiva al 1929 fino alla guerra d’Etiopia (considerando le fibrillazioni del PIL nel quadriennio 1932-1935 parte integrante di un più ampio contesto recessivo). In quest’accezione di crisi confrontiamo tre periodi: 1914-1921 (otto anni), 1930-1936 (sette anni) e 2008-2014 (sette anni). Le cadute cumulate di prodotto reale per abitante sono pari al 9,8% nel primo periodo (dall'interventismo all'avvento del fascismo, grosso modo), dell’8,5% dal 1930 alla fine della guerra di Etiopia, del 12,8%, come detto, dallo scoppio della crisi finanziaria del 2008 al 2014, considerato anno finale del periodo recessivo.

Anche in prospettiva storica lunghissima, quindi, la recente crisi appare come fenomeno di eccezionale entità. E il dato relativo alla crescita del Pil per abitante nel 2015, pari allo 0,7%, è solo un quinto del tasso medio di crescita del periodo post bellico (3,5%), restando sotto la metà della media della crescita dall’Unità d’Italia a oggi (1,6%).

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