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Alitalia, decollano nuove (troppe) ipotesi sul salvataggio. Lufthansa, si inverte rotta

Le agende dei commissari sembrano ricche di appuntamenti ma senza vie di fughe percorribili. I tre chiedono al Governo maggior tempo per valutare ogni proposta

Economia, Trasporti
Alitalia, decollano nuove (troppe) ipotesi sul salvataggio. Lufthansa, si inverte rotta
(Teleborsa) - La pista per un definitivo atterraggio e scioglimento del problema Alitalia è ancora fitta di nebbia. Le agende dei commissari sembrano sì ricche di appuntamenti ma al momento prive di vie di fughe percorribili: il cielo, col passare del tempo, sembra affollarsi di nubi più che diradarsi e questo rende le trattative molto più spesse e complicate.

Stupisce infatti alquanto che la favorita delle ultime settimane, la tedesca Lufthansa , si sia congelata. Pare che nell’ultimo incontro di Francoforte non ci sia stata intesa, in particolare sul numero degli esuberi che sarebbero – apparentemente - "inaccettabili anche dal punto di vista formale". Sebbene la compagnia tedesca avrebbe non solo il vantaggio di essere ovviamente un vettore Europeo, e che fondi soprattutto la strategia di business su un modello multi hub e multibrand, ove Alitalia avrebbe – dichiaratamente - la propria anima e raggio d’azione, qualcosa non vuole quadrare, ma più a livello locale.

In una nota del CEO tedesco, Carsten Sphor, il messaggio è semplice e chiaro: concludere l’operazione, al più presto, prima delle votazioni, con la lecita condizione di rilevare però un’Alitalia ad ali già drasticamente ridimensionate. Richiesta, questa, troppo dolorosa da affrontare dai capitani italiani, soprattutto in concomitanza di un delicato periodo pre-elettorale in cui è noto, per tradizione, che si è più impegnati a fare promesse che infelici ecatombi.

I triumviri di Fiumicino, Gubitosi, Laghi e Paleari, già impegnati in numerosi tour atlantici e continentali alla ricerca dell’idoneo cavallo bianco che salvi i più possibili aerei, poltrone… e personale, si sono così recati nelle stanze governative per riferire al ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, e quello dei trasporti Graziano del Rio, sulla (non) situazione attuale. Fonti riferiscono di un incontro dai toni lievemente imbarazzati e concisi. In breve: non si intravede oggi ancora una benché minima rotta concreta, di conseguenza nessun sentiero di salvataggio in vista, almeno nel brevissimo periodo. Eppure, le indicazioni impartite sul tema dai ministri erano piuttosto chiare, ovvero, di accelerare e posare i carrelli della trattativa in pista, dichiaratamente, prima delle elezioni. Ebbene, la posizione di arrivo sul radar dei commissari è ancora molto lontana.

Mentre la proposta di Lufthansa, che negli ambienti aeronautici era vista come la più credibile ma che sembra d’improvviso rallentare, negli ultimi giorni era spuntata all’orizzonte Air France-Klm, nonostante le pronte smentite di Parigi, in cordata con Easyjet, dall'aspetto più che altro di una disperata "via di fuga".

Gli esperti parlano infatti di un bluff oppure di un accordo, quanto avveduto che di facciata, atto poi a spartirsi in tranquillità ognuno il bottino migliore per i propri posizionamenti strategici: Air France-Klm riproverebbe a sfilare alla compagnia tricolore il prezioso lungo raggio bypassando Roma a favore di Parigi e Amsterdam, mentre la seconda, per il vettore bianco-arancione, lascerebbe finalmente spianato il mercato domestico e intraeuropeo guadagnando terreno al cospetto di Ryanair, già da tempo approdata e tronfia sul consistente mercato peninsulano.

Nel frattempo le carte si rimescolano. E mentre EasyJet tace, magari accondiscendendo non essendosi mai tirata fuori dai giochi, negli ambienti industriali si sa che la tentazione di Air France-Klm a sfidare Lufthansa è un invito a nozze, avendo corteggiato già da tempi prodiani non sospetti, la compagnia italiana.

Ma non è finito qui: i binocoli di Fiumicino intravedono ancora come più che attuali il fondo di investimento americano Cerberus, con il quale i commissari starebbero peraltro entrando in una seconda fase più approfondita. Chiaro è che, con il vorace fondo, la strategia per il futuro di Alitalia sarebbe ancora del tutto da inquadrare, anche perché le fonti riferiscono di un piano biennale da statuto, dopo il quale il soggetto potrebbe cedere, se non smembrare, l’azienda una volta risanata. A chi e a quali condizioni? Domanda delle domande ma la risposta è prematura e non rientra ora nei pensieri imminenti dei commissari che hanno fretta piuttosto di concludere la trattiva su preciso mandato politico.

Che la soluzione si possa trovare in Cerberus (mentre Etihad nonostante tutto non avrebbe affatto mollato l'osso in quanto incapace di digerire la grossa quantità di denaro gettata al vento) sussistono davvero dei limiti di non poco conto. Rimane ancora il nodo sulla possibilità, che si legga convenienza per taluni, circa l’investimento di una società non europea in un’azienda comunitaria, con il vincolo di non poter superare il 49% del capitale investito quindi del pieno controllo finanziario e manageriale, pena la perdita dei preziosi diritti di traffico.

Eppure, volendo pensare male, chissà se l’intenzione dei politici non possa essere proprio quella di cedere nuovamente Alitalia ad un organo non-europeo, mentendo così ancora il controllo parziale o del restante 51% da poter poi eventualmente gestire in tempi successivi, senza scontentare al momento nessuna delle forze politiche in campo di cui si conoscerà l'effettivo potere solo, e forse, a partire dal 5 marzo. Ciò che non sarebbe possibile invece con un compratore europeo.

Ma la vera novità è la comparsa sulla scena di un’altra aquila a stelle e strisce, il colosso Delta, che in sordina si sarebbe affacciata nel radar delle trattive apportando in dote, per chi non la conoscesse bene, la nomina da parte di Forbes di seconda migliore compagnia aerea Statunitense del 2017 con una flotta di quasi 900 aeromobili e una rete di alleanze globali da cui la compagnia beneficerebbe di ben 2 miliardi di dollari di plus valore nei prossimi anni.

Gli analisti ricordano, infatti, che la strategia adottata da Delta sarebbe proprio quella di stringere relazioni nei mercati in cui, per osmosi col vettore locale, risulti posizionato al primo e secondo posto per traffico di passeggeri verso gli Stati Uniti. Sui suoi 10 mercati mondiali più importanti, l’Italia è uno di questi, Delta ha già all’attivo rilevanti accordi di Joint Venture o azionariato diffuso con ben 8 dei vettori di riferimento, tra cui AeroMexico, la brasiliana Gol, l’inglese Virgin, Korean Air e non a caso la JV con Air France-Klm nell’orbita dell’alleanza più estesa SkyTeam, di cui fa parte anche Alitalia.

L’ ipotesi americana sorprende ma non troppo, e alimenta la curiosità della complessa geopolitica aeronautica più edotta: Alitalia starebbe parallelamente trattando con Delta, già da diverso tempo, per cercare di aumentare la propria offerta dall’Italia verso il Nord Atlantico, impedita proprio dalle ingerenze franco-olandesi sullo scacchiere delle divisioni dei traffici nordatlantici da cui Alitalia ne esce notoriamente più debole. Quale occasione migliore sarebbe quella per Delta di appoggiare da una parte il vettore Italiano nell’affermazione del proprio spazio di azione originante da Roma e, dall’altra, per creare sinergie proprio nel cuore del Mediterraneo?

E così, in definitiva, in un cielo ancora denso di ipotesi ed opportunità da riordinare, i commissari avrebbero espresso ai loro referenti governativi la necessità di avere maggiore tempo per ragionare su ogni proposta, reale o speculativa; europea o extra europea, al fine di trovare il trampolino più praticabile per il rilancio, sostenibile, di Alitalia.


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