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Ex Ilva, produzione cresciuta del 22%. Governo valuta intervento da 1 miliardo su liquidità

Ieri nel vertice al Mise i ministri Giorgetti e Orlando si sono confrontati con sindacati, istituzioni locali, e l’ad di Acciaierie Italia Lucia Morselli

Economia
Ex Ilva, produzione cresciuta del 22%. Governo valuta intervento da 1 miliardo su liquidità
(Teleborsa) - La necessità di aumentare la produzione di acciaio negli stabilimenti ex Ilva, garantendo l'operatività dell'azienda attraverso l'approvvigionamento delle materie prime, la tutela dei lavoratori e delle imprese dell'indotto, la realizzazione degli investimenti programmati completando il piano di decarbonizzazione. Questi gli obiettivi condivisi nel corso del tavolo sull'ex Ilva che si è svolto ieri al Mise con il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti e quello del Lavoro Andrea Orlando. All'incontro hanno partecipato i vertici dell'azienda, i sindacati, le regioni interessate, Confindustria e Invitalia.

Come ha sottolineato l'ad di Acciaierie d'Italia, Lucia Morselli, presentando i dati "la crescita dell'output produttivo di Acciaierie d'Italia nel 2022 ad oggi è del 22% contro il -7% dell'Europa e il -2% dell'Italia nel suo complesso. Stiamo producendo tutto il possibile – ha aggiunto Morselli – con questa situazione finanziaria e stiamo lavorando per avere la finanza sufficiente al ramp-up previsto". A proposito delle questioni relative alla sicurezza, Morselli ha sostenuto che "l'indice incidenti su ore lavorate è ai ai minimi storici per lo stabilimento di Taranto".

"C'è stata una discussione franca, le distanze sono significative nella lettura dei fatti tra sindacati e proprietà. Sono stati segnalati problemi legati alla sicurezza e alla effettiva realizzazione degli investimenti, condizione della cig – ha affermato Orlando, al termine del vertice –. Alla luce di questo mi sono sentito di dire con il collega Giorgetti che si deve fare un passo in modo tale che si ripristinino le relazioni industriali, anche alla luce di verifiche che disporrò inviando l'Ispettorato del lavoro per verificare la piena realizzazione degli investimenti e le condizioni di sicurezza".

"Non solo io, ma anche il presidente Draghi, vogliamo che si produca più acciaio possibile a Taranto e Genova, ovunque per riportare al lavoro tutti i lavoratori in cassa integrazione" ha spiegato Giorgetti. Il ministro, dopo aver ricordato che pur essendovi "limiti oggettivi, che derivano da sentenze, che impediscono di raggiungere le capacità produttive massime che questi impianti possono realizzare" ha evidenziato che "oggi è emerso con chiarezza da parte dell'azienda che, alle condizioni date per lavorare al massimo delle potenzialità, il problema è la liquidità, non gli investimenti". Per Giorgetti, infatti, "lo sforzo sulla garanzia Sace per quanto riguarda il finanziamento bancario è stato insufficiente". Il ministro ha sottolineato l'impegno a "capire se con un intervento governativo sia possibile superare le attuali difficoltà finanziarie, rilanciare l'operatività, produrre maggiore acciaio e riassorbire personale in cassa integrazione". Da qui la proposta lanciata da Giorgetti: "se noi miracolosamente domani riusciamo a garantire, attraverso le istituzioni dello Stato, un miliardo di garanzie di finanziamenti, la situazione può migliorare per quanto riguarda la produzione e i pagamenti dei fornitori?".

"Abbiamo ascoltato con grande interesse il programma del presidente Bernabè sulla decarbonizzazione ma oggi c'è un problema di liquidità. Servono risorse per acquistare le materie prime e pagare in una maniera decente le aziende dell'indotto. Lo abbiamo detto senza giri di parole. E il ministro Giorgetti si è impegnato a reperire garanzie per un miliardo da destinare al circolante, all'oggi – ha dichiarato Salvatore Toma, presidente di Confindustria Taranto –. Noi abbiamo detto che ci vogliono subito i soldi, altrimenti non andiamo da nessuna parte. Le imprese non sono nelle condizioni di sostenere nessuna altra possibilità. Senza interventi immediati, noi a quel progetto di futuro tracciato da Bernabè non ci arriveremo. Vorrei infine chiedere ai sindacati un confronto costruttivo – conclude Toma –. Sento ancora parlare di azienda che vuole chiudere, ma un'azienda che vuole chiudere avrebbe fatto investimenti in questi due anni per 700 milioni di euro?".




La posizione dei sindacati –
"Per poter ottenere delle garanzie bisogna che ci siano degli atti concreti che partono dal mettere in sicurezza i lavoratori, gli impianti, fare gli investimenti per l'ambientalizzazione, per le manutenzioni. L'azienda ci ha detto che per poter far marciare normalmente l'impresa c'è bisogno di finanza e il governo ha risposto che sarebbe disponibile a intervenire sui temi che riguardano la finanza – ha affermato il segretario generale della Fiom Cgil Michele De Palma –. Noi abbiamo detto che la finanza non basta. La finanza è utile, ma serve con degli elementi di garanzia per l'occupazione dei lavoratori da un lato e la salute dall'altra. E anche gli investimenti di carattere ambientale. In un momento in cui l'acciaio vale oro nell'attuale contesto internazionale per effetto del conflitto in Ucraina, nel nostro Paese è ora che governo e proprietà investano verso la transizione, altrimenti si rischia una progressiva dismissione degli impianti di Acciaierie d'Italia. Non sono emerse certezze e garanzie né per quanto riguarda le prospettive di lungo e medio termine, né per quanto riguarda la gestione ordinaria degli impianti nell'immediato. Il ministro Giorgetti – riferisce il sindacalista – ha detto che il governo si attiverà per una garanzia finanziaria di un miliardo di euro destinata esclusivamente all'approvvigionamento di materie prime indispensabili alla risalita produttiva e all'obiettivo di raggiungere la produzione di 5,7 milioni di tonnellate di acciaio nel 2022. Come Fiom abbiamo allo stesso tempo anche sottolineato che alla risalita produttiva corrisponda una riduzione significativa dei lavoratori in cassa integrazione". L'organizzazione sindacale ha inoltre "chiesto e ottenuto puntuali verifiche dal ministro del Lavoro Orlando sull'utilizzo della cassa integrazione che è stata attivata dall'azienda senza accordo sindacale". Secondo De Palma, "è necessario che il governo si assuma le proprie responsabilità: quello che sta succedendo negli impianti è insostenibile dal punto di vista della salute e della sicurezza, della produzione, delle relazioni sindacali e dell'occupazione".

"Il governo ci ha ascoltato e ha ascoltato il fatto che, al di là dei dati tecnici, c'è una situazione non solo di crisi aziendale, come capita, ma di degrado vero, dello stabilimento di Taranto e degli altri siti perché l'azienda, in questo momento, non è in condizioni di garantire la marciabilità degli impianti e un minimo di attività seria e in sicurezza – ha detto il segretario generale della Fim Cisl, Roberto Benaglia –. Noi abbiamo chiesto che i due anni di rinvio per la definizione degli accordi non passino invano. La seconda risposta importante è che il governo ha garantito di riconvocarci entro la pausa estiva essenzialmente. In primo luogo per verificare il fatto che la crisi finanziaria dell'impresa sia affrontata. Il governo che oggi è azionista non può andare in maggioranza ma può aiutare l'azienda ad avere quel credito per poter fare gli investimenti e aumentare la produzione. Noi abbiamo detto che ci vuole più produzione e meno cassa integrazione. La seconda questione che abbiamo sollevato al ministro Orlando – ha osservato il segretario Fim – è una verifica sull'uso degli ammortizzatori perché non è assolutamente possibile che questa azienda, con un mercato della siderurgia che sta esplodendo ed è molto positivo, aumenti il numero di cassintegrati. Non possiamo aspettare la decarbonizzazione, bisogna assolutamente riuscire ora a dare stabilità ai lavoratori e avere certezza di funzionamento degli impianti. Per cui – ha concluso Benaglia – speriamo che questo secondo semestre tracci questi risultati e noi ovviamente faremo in modo che nelle prossime settimane le risposte del governo siano efficaci".

"L'idea del presidente di Acciaierie d'Italia, Franco Bernabè, cioè andare avanti con il progetto decennale per il preridotto 'DRI', che inizierà quest'anno con l'ottimizzazione della sostenibilità ambientale dell'area a caldo, è interessante e importante, ma è un programma a lungo termine, noi abbiamo bisogno di certezze nell'immediato – ha sottolineato il segretario nazionale Ugl Metalmeccanici, Antonio Spera –. Ancora una volta vengono firmati accordi tra Invitalia e ArcelorMittal, precisando che sono trascorsi due anni di proroga lasciando al comando ArcelorMittal con il 60% del pacchetto azionario e, ancora una volta, senza la partecipazione delle organizzazioni sindacali. La richiesta da parte dell'azienda di accedere al credito per alzare i volumi produttivi – ha spiegato Spera – non è risolutiva per il rientro dei lavoratori dalla cassa integrazione, anche perché l'azienda aveva già dichiarato la produzione per il 2022 a 5,7 milioni di tonnellate. Non è possibile porre oggi il problema".

"Siamo riusciti perlomeno a fare un'operazione verità, per far capire ai ministri che non c'è soltanto un problema finanziario ma soprattutto di gestione e di sicurezza negli stabilimenti. Noi vogliamo che si avvii un percorso costruttivo per arrivare a soluzioni concrete per dare risposte definitive a migliaia di lavoratori e intere comunità – ha detto il segretario generale della Uilm Rocco Palombella –. I ministri si sono resi conto che esistono due grandi posizioni: una posizione dell'azienda e una sindacale. L'azienda ha rappresentato una situazione di tranquillità, che tutto va bene e che il problema è solo finanziario. Noi invece abbiamo fatto osservare la drammaticità della situazione in cui vivono i lavoratori, il livello di rischio altissimo per la sicurezza, il disagio per gli oltre 5mila lavoratori in cassa integrazione. È venuta fuori una verità che è stata presa in considerazione dai ministri. Il governo dovrà fare il possibile per cercare di risolvere la questione finanziaria, che non è solo quella di far produrre gli impianti. Vanno messi in sicurezza ed è la cosa più importante. I ministri si sono impegnati a verificare come sarà possibile fare questo. Dall'altro lato – ha concluso Palombella – prosegue il percorso negoziale. Hanno promesso, entro la fine di luglio, di convocare un nuovo incontro e di controllate il rispetto degli impegni assunti. Per questo il ministro ha concesso la cassa integrazione senza la firma sindacale, perché loro hanno dichiarato di ridurre i lavori in cassa integrazione e di procedere alla risalita produttiva, cosa che ancora non sta succedendo".




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