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Covid, in Italia 13 Regioni a rischio alto. RT sale a 1,56

Zaia: "Modificare modalità per classificazione casi"

Salute e benessere
Covid, in Italia 13 Regioni a rischio alto. RT sale a 1,56
(Teleborsa) - Con l'imperversare della variante Omicron in Italia aumenta il numero di Regioni che rischiano il cambio colore. La mappa del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) presenta un'Italia tutta in rosso scuro. Il forte incremento dei casi, 1,2 milioni in una settimana, – come rileva la Fondazione Gimbe – "incontrando una popolazione suscettibile troppo numerosa, sta progressivamente saturando gli ospedali. E, di conseguenza, molte regioni si avviano verso la zona arancione entro fine mese". La cabina di regia si riunirà nelle prossime ore e solo dopo che i tecnici avranno analizzato i numeri il ministro della salute Roberto Speranza firmerà le ordinanze.

Nel Paese l'incidenza è arrivata, nel periodo 7-13 gennaio, a sfiorare i 2mila casi per 100mila abitanti mentre l'Rt medio sui sintomatici, nel periodo 22 dicembre-4 gennaio, è arrivato a 1,56. Scende da 1,3 a 1,2 l'Rt ospedaliero ma aumenta il tasso di occupazione dei posti letto in area medica, pari a 27,6% da 21,6%, e in terapia intensiva, che arriva a 17,5% (da 15,4%). Valori nettamente superiori alla soglia del 15% e del 10% necessaria per restare in fascia bianca.

Tredici Regioni/Province Autonome – secondo il monitoraggio della Cabina di regia Iss-ministero della Salute sul Covid-19 – sono classificate a rischio "alto", di cui 3 a causa dell'impossibilità di valutazione, 8 Regioni/province autonome, invece, risultano classificate a rischio "moderato". Tra queste, cinque sono ad alta probabilità di progressione a rischio "alto".



Secondo quanto emerge dai dati contenuti nelle tabelle del monitoraggio della Cabina di Regia, a rischiare concretamente la fascia arancione è la Valle d'Aosta che con parametri pari al 53,5% per i ricoveri e al 21,2% per le terapie intensive ha superato entrambe le soglie previste per il passaggio. Segue la Sicilia arrivata al 33,9% per l'area medica e al 19,4% per le terapie intensive. Da domani, comunque, – secondo quanto prevede l'ordinanza del presidente della Regione, Nello Musumeci, firmata su proposta del dipartimento regionale Asoe, per contenere i contagi da coronavirus nei territori coinvolti – altri 92 Comuni siciliani, tra cui le città di Agrigento, Messina e Trapani – passeranno in zona arancione fino a mercoledì 26 gennaio, facendo salire a 138 i Comuni siciliani nei quali sono previste misure restrittive. Fra le Regioni risultano in bilico tra il giallo e l'arancione anche Piemonte, Friuli Venezia Giulia, e Liguria. Stando ai dati dell'Agenas, già da lunedì potrebbe passare in arancione anche la Calabria, che ha le intensive al 20% e i reparti ordinari al 38%. Tra le Regioni attualmente in bianco – Basilicata, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Umbria – rischia con molta probabilità un passaggio in giallo la Campania (al 25,8% per le aree mediche e 10,6% per le terapie intensive). La Puglia è in bilico (17,8% e 10%) insieme all'Umbria (32,3 e 9,4%).

Sul fronte dell'incidenza la Valle d'Aosta registra questa settimana il numero di casi Covid-19 più alto, toccando il valore di 3087,3 casi per 100mila abitanti. Seguono la Liguria con un valore di 2845,7 casi per 100mila, e l'Emilia Romagna che registra 2783,7 casi per 100mila.

Se il trend non si inverte nelle prossime settimane potrebbero passare in arancione anche Lazio, Marche, provincia di Trento, Toscana e Veneto, che hanno sforato la soglia del 20% nelle intensive. Uno scenario in cui i presidenti di Regione stanno valutando la possibilità di inviare una lettera al ministero della Salute e all'Istituto superiore di sanità per chiedere di considerare casi Covid solo i sintomatici nel conteggio dei positivi ricoverati e di escludere chi ha anche altre patologie. In particolare, il presidente della regione Veneto, Luca Zaia, ha lanciato un appello al Comitato tecnico scientifico per rivedere la classificazione seguendo le indicazioni dell'Ecdc sui parametri con cui si raccolgono i dati relativi ai contagi. "Oggi perché un soggetto sia classificato come caso Covid – spiega Zaia in un'intervista al Corriere della Sera – è sufficiente che risulti positivo ad un tampone. Dall'Ecdc, ci viene proposta un'altra soluzione. Le condizioni devono essere due: avere una malattia respiratoria o una sindrome influenzale e, sottolineo e, essere positivo ad un tampone. Questo vuol dire che non dobbiamo più considerare gli asintomatici e concentrarci su chi sta davvero male. Inoltre l'Ecdc da tempo sostiene che di fronte alla forte circolazione del virus bisogna far ricorso ai tamponi fai da te. In Germania, Inghilterra e Francia li consegnano addirittura ai ragazzi che vanno a scuola. È dall'inizio che sostengono che esiste una piccola componente di soggetti che vengono classificati come contagiati da Covid ma che in realtà sono tutt'altro. Ad esempio a Verona su 131 pazienti che risultano contagiati 50 lo sono solo per caso, non certo per i sintomi. Del resto, è quel che succede anche con i decessi. Un malato terminale che muore per una patologia oncologica se risulta positivo al tampone risulta un caso di Covid. Ecco una stortura".





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