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La nuova corsa all'oro: la terra

Economia
La nuova corsa all'oro: la terra
(Teleborsa) - Il tempio della nuova Eldorado, oggi, non è più l'oro, né tantomeno il petrolio. Ora le grandi multinazionali, le banche ed anche gli Stati investono nella "terra". Comprano cioè terreni agricoli, soprattutto dai paesi poveri, come l'Africa, l'Asia e l'America Latina, per utilizzarli come coltivazioni di prodotti che andranno interamente esportati o come terra da usare per biocarburanti.

A farne le spese sono gli agricoltori locali ed i più poveri, che si vedono espropriare le case e le loro proprietà senza spesso alcun risarcimento o tutela legale, anche perché si tratta spesso di Paesi dove i diritti sono molto compressi. Invece che supportare l'agricoltura, a beneficio della gente del luogo, queste multiproprietà utilizzano i terreni acquistati per scopi diversi dallo sviluppo dell'economia locale, preferendo speculare sui prezzi record dei prodotti alimentari.

Questo fenomeno, chiamato "land grabbing", viene denunciato dall'Oxfam, che sta conducendo una vera e propria battaglia contro tale problema. A tal proposito, Oxfam ha messo on-line un appello, chiedendo la sottoscrizione al maggior numero possibile di persone. Lo scopo è quello di sensibilizzare soprattutto la Banca Mondiale, che agisce sia in qualità di grosso acquirente che come consulente per il land grabbing, affinché si attivi, in vista dell'incontro annuale di Tokyo di ottobre, per porre fino a questo fenomeno.

Secondo l'International Land Coalition, sono oltre il 60% gli investimenti sui terreni poveri. Su 203 milioni di ettari acquistati tra il 2000 e il 2010, quelli che vengono dai paesi in via di sviluppo, sono 106. Praticamente si può dire che ogni quattro giorni vengono comprati pezzi di terra grandi come Roma.
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