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Audace manovra dei soliti noti: l'arte del predicare bene...

Altra riflessione: bloccare i rinnovi contrattuali, gli scatti di anzianità ed ogni altro incremento automatico o meno degli stipendi aiuta a far cassa, ma fa inevitabilmente diminuire i consumi e, in periodi di scarsa o nulla crescita, non è esattamente il miglior contributo possibile.

La restante parte della manovra è a carico degli enti pubblici locali, regioni province e comuni, che riceveranno all'anno circa 11-12 miliardi in meno e che potranno in minima parte recuperare con la gestione dei beni demaniali di cui lo Stato trasferirà la disponibilità. Qualche governatore eletto nelle file dell'attuale maggioranza ha già dichiarato che ogni ipotesi di federalismo andrà accantonata e che, rebus sic stantibus, dovrà gioco forza ridurre l'erogazione dei servizi e/o aumentare l'imposizione fiscale locale. Nell'un caso e nell'altro a pagarne le conseguenze saranno le fasce di popolazione meno abbienti ovvero il ceto medio. Se aumentano i costi dei trasporti pubblici, le rette degli asili nido comunali o si riducono i trasferimenti ed i sussidi ai cittadini delle fasce marginali, il risultato è sempre lo stesso: si abbassa il reddito disponibile e quindi le possibilità di spesa per queste categorie di individui mentre nulla si incide sui detentori di medi/grossi patrimoni.

La ratio dei provvedimenti è stata acclarata in modo inequivocabile dallo stesso Presidente del Consiglio: bisogna colpire la spesa improduttiva senza mettere le mani nelle tasche degli italiani, garantendo al contempo la crescita. Di queste tre assunzioni abbiamo visto che la prima è parzialmente vera, in quanto non facendo distinzione alcuna i tagli colpiscono alla cieca, quindi non solo le sacche improduttive, ma anche coloro che hanno sempre fatto il loro dovere, pur con retribuzioni di molto inferiori alla media europea. Oltretutto, questa legittima aspirazione all'eliminazione dello spreco collide, in modo fragoroso, con le risultanze sugli incrementi di spesa dei governi di centro-destra che le statistiche impietosamente evidenziano: nei sette anni pieni in cui Berlusconi è stato a Palazzo Chigi il tasso di incremento medio annuo di spesa pubblica è stato del 3,7% contro l'1,8% del centro-sinistra. Le altre due asserzioni, la neutralità sui redditi e la non penalizzazione della crescita, non rispondono al vero. Ci sono tanti modi di mettere le mani nelle tasche della gente: il più banale è quello di fargli pagare più tasse, ma aumentare il costo dei servizi essenziali per interposto ente ha effetti più immediati e pesanti sul tenore di vita delle famiglie e nella sostanza provoca una riduzione dei consumi finali pari o fors'anche superiore a quella causata da qualche imposta. Il tutto, nell'un caso e nell'altro, si traduce in minor reddito disponibile, minori consumi ed in ultima istanza contrazione della crescita.
Ha proprio ragione Tremonti: i tempi della ripresa saranno lunghi.

Speriamo che il Presidente del Consiglio, mettendo d'accordo gli alleati di governo, riesca prima o poi ad abbassare le tasse, a nostro modesto parere, unico modo per avviare la vera ripresa.
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