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In tempi duri, i duri giocano... e vincono



I genitori devono saper parlare ai propri figli, gli imprenditori devono saper parlare ai propri dipendenti, così come i capitani di industria devono saper parlare alle maestranze e dire a fattor comune che tutti abbiamo un dovere, prima che verso gli altri, verso noi stessi; che è finita l'epoca del "dì che ti mando io" e del clientelismo.

Rimboccarsi le maniche e rispolverare la meritocrazia; solo così ce la possiamo fare ad uscire dalla palude in cui siamo finiti per effetto della crisi mondiale, ma anche per la sempre più dimostrata incapacità della nostra struttura economica a reggere gli urti della competizione internazionale.

La palla al piede è l'ipergarantismo. Le garanzie fanno comodo, ma in un mondo come quello di oggi, completamente nuovo, dobbiamo ritrovare la strada per riprendere in mano il filo del futuro.

Perchè negli altri paesi, meno prestanti in quanto a neuroni, almeno per estro e idee per l'innovazione, si coagula il meglio dell'intelligenza per affermare valori imprenditoriali, e sui quali basare il rilancio dell'economia, e invece in Italia si fa fatica ad aggregare cervelli nei poli universitari d'eccellenza o consorziare industrie per migliorare la struttura d’impresa?

Il nostro Paese è un crogiuolo di idee, ma strizza troppo l'occhio alle garanzie sul fronte del lavoro. Il posto fisso è una conseguenza del saper fare impresa, non un diritto. Deve essere un'opportunità e poi un dovere, non un diritto. Ecco, meno diritti e meno garanzie per dare valore all'opportunità. Opportunità supportate da regole necessarie per rendere più efficienti le Istituzioni e per rispondere a quella domanda di tempestività della decisione che viene da questo mondo nuovo.

Riforme, insomma, per ritrovare quello spirito di fiducia nel destino comune che l'Italia ha conosciuto in altri momenti e che sembra aver perso.

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