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2010: un anno vissuto pericolosamente



I mercati finanziari esprimono volatilità, cioè la dispersione di un dato, nel qual caso il prezzo, rispetto ad un valore medio predeterminato su varie finestre temporali, solitamente settimana, mese o anno. E’ evidente che più il dato è distante da una media, più è percepibile il “rischio” in quanto a sollecitazione emotiva.

Essere dalla parte del trend in condizioni di alta volatilità è senza dubbio positivo, ma siccome la progettazione di un investimento, inizialmente, parte proprio da un rendimento atteso e questo rendimento è funzione di un livello di rischio di pre-determinato, saranno sempre pochi gli investitori in grado di cogliere le migliori opportunità sul mercato. E questo perché se l’investitore associa i potenziali alti rendimenti con i rischi da sostenere per coglierli, non li coglierà mai pienamente.

Insomma c’è uno scollamento tra percezione del rischio e il cosiddetto appetito per il rischio... quasi ci si dovesse fare una bella scorpacciata.
La percezione del rischio è un dato quantitativo, appunto, che fotografa una situazione; l’appetito invece, solitamente, si manifesta dopo aver visto gli altri mangiare; ergo si finisce con l’acquistare titoli quando oramai di strada ne è stata fatta parecchia, oppure venderli per disperazione a prezzi di saldo in caso di ribassi prolungati. Chi legge penserà... “ma lo sappiamo” e invece non è così perché dalla parte dei furbi, cioè gli investitori professionali, sanno altrettanto che l’attività dei piccoli risparmiatori è concentrata a ridosso delle fasi estreme di mercato, cioè sui massimi o sui minimi dello stesso.

Quindi l’appetito è tipico dei piccoli risparmiatori, mentre il rischio è peculiare dei furbetti, di coloro che sono in possesso di notizie di prima mano, di quelli che giocano a carte conoscendo quelle dell’avversario, cioè il mercato. Il 2010 è stato un anno strano, borsisticamente parlando; un anno in cui dovevano venire al pettine i nodi irrisolti di un’economia mondiale stritolata dagli effetti di una crisi “venduta” come la peggiore del secolo e che invece in 18 mesi pare, come ci dicono, dissolta oltre l’orizzonte.

Quindi i piatti ricchi vengono serviti tutti i giorni e chi ne annusa il profumo, intenso e invitante, freme in preda ad un appetito senza fine... i piccoli investitori scalpitano; ecco perché gli indici americani e tedeschi stazionano a ridosso dei livelli pre-crisi, quasi questa non ci fosse mai stata e che tutto è solo un remoto ricordo. La tavola è imbandita e in parecchi sono pronti a correre per sedersi ai posti migliori. I piatti sono in cucina e sono pronti per essere serviti ad un popolo, quello borsistico, che si riaffaccia all’investimento rischioso con la bava alla bocca e particolarmente arrabbiato, perché del rialzo degli ultimi due anni ha colto solo le briciole.

Questione di superficialità e improvvisazione di singoli risparmiatori e quindi colpevoli di disinformazione, o questione di informazione profusa a piene mani con l’unico scopo di trasmettere agli investitori che il peggio non c’è mai stato?
Probabilmente è un mix di entrambe le cose... sicuramente il mercato non si smentisce mai. Anzi si, perché il 2010 ha sconfessato anche la statistica più arida, avendo disatteso i rialzi di primavera e i ribassi autunnali... e in ultimo il rally di fine anno che, stando ai numeri, non è nemmeno un minirally.

Tutti l’aspettavano e non è arrivato puntuale. Tutti guardavano l’orizzonte a bocca aperta ed invece è arrivato, a ridosso del Natale, dalla porta di servizio... quella sul retro; strano questo 2010. Buon Natale.
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