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Il rombo del potere che detta le regole e uccide le idee

La cultura a destra evapora in breve tempo...

Napolitano puntella il Senato prima della squallida conta giustizialista di Berlusconi, promuovendo unilateralmente quattro senatori a vita e pescandoli dal bacino del centro sinistra che, a dispetto della destra, ha avuto negli anni l'accortezza di capire che la cultura, oltre l'impresa e il libero mercato, era una grande opportunità.
La storia ci ha consegnato quindi una destra afona e lamentosa nel constatare che "l'intellighenzia" e la cultura sono allineati per lo più a sinistra.

Ma l'intellettuale a destra, o di destra, dal punto di vista politico non ha mai funzionato. Era così nella prima repubblica ed è stato così anche in questo secondo tentativo di rifondare il paese. La cultura, a destra, è sempre e solo stato un fiore all'occhiello, da indossare per scelta in alcune occasione, per rifarsi il trucco.

Quando Berlusconi fondò Forza Italia, gran parte rilevante del mondo intellettuale guardò al Cavaliere come uno che scendeva in campo per rivoluzionare il paludato modo di fare politica. Per un po' è stato così, ma poi é successo che alla prova dei fatti Berlusconi non ha mantenuto le promesse e l'intellettuale liberale, di per sé cinico e opportunista, ha approfittato dell'occasione per non impegnarsi.

Era il 1994 e ci si preparava a vivere “la stagione dei professori", da Pera a Martino a Scognamiglio, per citare i più noti, ma annoverando nell'organico parlamentare veri e propri totem della cultura come Lucio Colletti, che avevano scoperto il bello del liberismo. E' risaputo che in tutte le epoche, gli intellettuali sono stati spesso pronti a correre in aiuto dei vincitori, ma raramente in dosi così massicce come si è visto nel 1994.

Berlusconi rilanciava l'innato bisogno del politico di essere affiancato da persone capaci di avere una visione chiara della società, in profondità, di avere idee e progetti, insomma di intellettuali organici, capaci di pensare la realtà. Ma poi le stagioni politiche si esauriscono e gli intellettuali si defilano, profondamente delusi rispetto ad un ideale politico ammazzato sul nascere.

Il fiorire della cultura a sinistra è quindi per l'esatto contrario di ciò che avviene a destra. Il pluralismo di sinistra contro l'ego-egemonia di destra, laddove Berlusconi proclamava il concetto dell'"IO" e negava qualcosa che fosse organicamente strutturato per cambiare davvero il volto al paese. Orientato più all'immagine e ai sondaggi; mai ossequioso verso i depositari della cultura e più che mai attento allo share di Mike Bongiorno, che arrivò a suggerire come senatore a vita.

La cultura fugge dalla destra, quindi, per l'impossibilità cronica, verificata sul campo, di combinare qualcosa di buono, attenta com'é più alle dinamiche economiche che alla velocità dei neuroni.

Le lamentele della destra al gesto di Napolitano, che potrebbe anche aver reclutato i puntelli per il Senato della repubblica nell'enclave della cultura di sinistra, non hanno però motivo di esistere, perché la stessa destra, tra pitonesse, tranfughi e veline, deve solo fare mea culpa per aver asseverato come elemento fondamentale, la fedeltà ottusa all'intelligenza critica.

E questo non è ammissibile per il nobile principio evocato da Kant che indica l'intellettuale come colui che “non ha da portare lo strascico del re, ma la lanterna davanti al re".
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