Non è facile cambiare il baricentro della crescita economica, passando da un assetto export-led ad uno fondato sui consumi interni. E lo è ancora meno in un contesto di incertezze a lungo termine: i risparmiatori tendono a mantenere i loro fondi in banca a fini precauzionali, mentre chi li ha presi a prestito fatica per via del rallentamento della sua attività.
Non solo l’export verso l’Europa rallenta, ma quello verso il vicino Giappone potrebbe essersi fatto addirittura impossibile per via della recente svalutazione dello yen: l’esposizione bancaria potrebbe essersi fatta davvero eccessiva.
Affidarsi alla sola banca centrale, in queste condizioni, è insufficiente: un innalzamento dei tassi di interesse non agirebbe tanto in prospettiva, limitando il nuovo credito, ma sui prestiti in essere. Ne renderebbe, quindi, ancora più difficile il rimborso:
i tassi “lavorano” anche all'indietro. Se si aumentasse ancora la liquidità, c’è il rischio di far accrescere ancora gli squilibri e di non indurre alla cautela chi già si è esposto troppo.
La politica monetaria, da sola, non basta: la liquidità è come un fiume che ha bisogno di argini, per scorrere bene. L’argine esterno dell’economia cinese si è fatto cedevole, mentre quello interno non è così forte da resistere: la liquidità è stagnante, senza impieghi sicuri. Un lungo Fiume Giallo che rallenta, e minaccia di straripare.
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