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Miracoli di carta moneta

L'occupazione americana è alle stelle, nell'infinita liquidità.

Chi paga, stavolta, per la politica monetaria americana, che ha pompato dollari a tutto spiano, è riuscita nell'obiettivo di ridurre il tasso di disoccupazione al 6,3%? L'Europa, che ha scambiato l'euro con l'oro.

Evitiamo i giri di parole. Per gli americani, l'economia è come l'acqua per i pesci: ci nuotano, ci sguazzano, ci sanno fare. Naturalmente per quanto li riguarda e li avvantaggia.

A che serve il denaro? A far girare le pale del mulino. Chiedersi se ha davvero valore in sé, se è davvero quel ponte che lega il passato al futuro è un nonsenso: è il denaro che dà o toglie il valore alle cose. Il valore di scambio, s'intende.

Ed il valore delle cose, quello degli asset, dei debiti, dei mutui, degli immobili, degli investimenti, è quello che conta. Una crisi finanziaria è una crisi dei valori: non sono più quelli che erano prima. Già questa riflessione incute timore, incide sulla stabilità psicologica prima che sul portafogli delle famiglie e sui bilanci delle imprese. La deflazione finanziaria è una catastrofe: il mondo vive di accumulazione e non solo di produzione e di distribuzione. Andateglielo a dire, a chi si è messo da parte, giorno dopo giorno, anno dopo anno, con i risparmi sudati che la sua casa non vale neppure la metà di quanto l'aveva pagata. Provate a fargli capire che, sì, c'era una bolla. E che ora, ad esempio, anche gli investimenti azionari che aveva fatto negli anni prima della crisi non valgono che appena un terzo, neppure la metà di prima: ha perso quello che aveva, come se ci fosse stata una guerra o una catastrofe.

Prima viene Wall Street, il dollaro segue: sono rispettivamente l'obiettivo e lo strumento. E ci sono riusciti, i nostri amici americani: ora che Wall Street è tornata sui massimi pre-crisi, tolgono il piede dall'acceleratore della liquidità. Fanno tapering, come ad un drogato cui si riduce la dose un po' alla volta.
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