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Una tenaglia per schiodarci dalla crisi

275 miliardi di euro tra nuovo credito e ricapitalizzazione delle imprese.

L'Italia deve tornare ad investire, usando i 75 miliardi di liquidità a quattro anni che la BCE è pronta a concedere alle banche e recuperando i circa 200 miliardi di euro ancora imboscati all'estero.

O la va o la spacca. Stavolta è difficile pensare che ce la caviamo senza investire nelle imprese. Quelle che sono saltate per via della crisi non ritornano: sopravvivevano alla meglio, ma sono state spazzate via dalla crisi e dall'aumento della pressione fiscale. Forse anche dalla lotta all'evasione, ma molto più probabilmente perché erano aziende marginali, erba trastulla spazzata via dal vento.

Serve un patto con chi ha ancora capitali all'estero non dichiarati: se torna ad investire nell'economia reale, se rimette i soldi in azienda può ancora cavarsela, con qualche sanzione, un 10% secco da destinare alla proroga degli 80 euro in busta paga nel 2015.

Non deve essere un nuovo scudo per tenerli ancora fuori e regolarizzarli pagando poco, ma l'ultima finestra per riportarli tutti indietro, prima che scatti la tagliola dell'autoriciclaggio. Devono essere investiti in imprese aventi sede legale in Italia che non siano in procedura di concordato e che presentino un piano di investimento asseverato da un istituto bancario che se ne fa garante. Per evitare fallimenti farlocchi e distrazioni di capitale, per ogni euro di perdite di bilancio, se ne addebitano tre al conferente scudato.

Deve essere nuovo capitale di rischio che entra nelle imprese, vincolato per cinque anni dalla data del rientro, pena la confisca: niente distribuzione di utili ai soci conferenti, ma reinvestiti annualmente esentasse.

E non facciamoci mettere i bastoni in mezzo alle ruote dall'Unione europea, che sicuramente cavillerebbe sulla libertà di movimento dei capitali: rimetterli in gioco oggi in Italia è una sanzione alternativa alla futura confisca. Una sorta di ravvedimento operoso.

Se ai 200 miliardi che potrebbero rientrare nel sistema produttivo si aggiungessero i circa 75 miliardi di liquidità a quattro anni che le banche italiane potrebbero ottenere dalla BCE se utilizzassero tutto il plafond del 7% previsto dalle T-Ltro decise giovedì scorso, arriveremmo ad investimenti aggiuntivi pari al 18% del PIL. Una enormità, una somma mai vista tutta insieme, ma è quello che serve per schiodarci dalla crisi, senza un euro in più di debito pubblico.

Tutto questo, forse, non conviene ai soliti politicanti ed ai burocratoni onnipresenti: per loro è meglio continuare a ricattare chi ha ancora i capitali fuori e non si fida di riportarli indietro, minacciandoli di sfracelli un giorno sì e l'altro pure. E, soprattutto, è meglio ancora farsi salvatori della Patria, promettere al popolo-asino altra spesa pubblica in disavanzo, quella che arricchisce i soliti prenditori e che aumenta ogni giorno il peso del debito che ha sul bastio.

Si accettano scommesse.

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