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Il QE? Errori, contraddizioni e tanta paura

Così come è stato preparato dalla BCE il Quantitative Easing non serve a niente

Gli interventi della BCE sono stati condizionati alla adozione delle riforme strutturali: il 5 agosto 2011 all'Italia fu mandata la lettera a doppia firma, Trichet e Draghi, come alla Grecia sono state imposte dalla Troika. E' stato il lavacro purificale, il bagno di sangue da sempre evocato dalla scuola economica austriaca, quella di Hayek, Mises e Rothbard: tanto più velocemente crollano i salari ed i valori dei beni capitali aggregati, come le azioni e gli immobili, tanto prima il risparmio tornerà ad affluire verso i consumi. La recessione è l'espiazione della colpa, della espansione. Draghi è intervenuto per fermare la speculazione, minacciando da Londra nel luglio del 2012 che avrebbe fatto di tutto per salvare l'euro: "whatever it takes". Ha messo in piedi l'OMT, un sistema di acquisti illimitati per l'acquisto del debito pubblico nel caso che i mercati sfidassero ancora la stabilità finanziaria: un'arma "fine di mondo". La speculazione è stata gelata, ma l'economia reale ha continuato nel suo tracollo, spinta al ribasso dalle misure fiscali, mentre l'abbassamento dei tassi di interesse non ha avuto il minimo impatto sulla dinamica dei finanziamenti bancari.

Alla deflazione dei salari e dei prezzi si è aggiunto anche il collasso del credito ai privati, pure questo auspicato dagli economisti della scuola austriaca: sarebbe una salutare restrizione, per sgonfiare la precedente bolla di affidamenti bancari che aveva distorto la allocazione delle risorse, indirizzandone troppe verso gli investimenti. Devono andare in malora, anche questi. Basta vedere che cosa sta succedendo dopo l'Asset Quality Review e la vigilanza bancaria unificata da parte della BCE: il combinato disposto delle nuove regole e della crisi economica sta massacrando i conti delle banche italiane. Accantonamenti su tutto, anche sugli affidamenti in bonis, sulla base di criteri prudenziali sempre più stringenti.

Di fronte ad una economia che collassa, si è sostenuto ancora che si doveva ripartire con gli investimenti, senza rendersi conto che la crisi economica era stata determinata dalle manovre fiscali che avevano ridotto la domanda delle famiglie. Ma chi mai investe quando nessuno compra? Abbiamo un sistema in cui nessuno ha strumenti per attivare la domanda: gli Stati non possono sforare il deficit, per via del Fiscal Compact; le banche devono fare accantonamenti ed aumentare il capitale; le famiglie che possono, aumentano il risparmio a fini precauzionali.

Una liquidità tardiva e distribuita male, quella del QE: era meglio prendere esempio dalla Banca del Giappone, che aveva deciso di cofinanziare ingenti investimenti per la ricostruzione dopo lo tsunami, la conversione energetica e la lotta alla disoccupazione. Chissà che ci faremo con questa liquidità: andrà in titoli di borsa, oppure all'estero. Invece di destinarla ai Paesi che hanno ritardi infrastrutturali, deficit di investimenti produttivi, la si distribuisce a tutti senza eccezioni, rafforzando coloro che sono già in vantaggio.

Ha virato troppo tardi la BCE, senza avere una meta da raggiungere: prima ha condiviso senza riserve la strategia della deflazione competitiva, facendosene protagonista. Poi, quando ha compreso la gravità degli errori compiuti, ed ha temuto che la contrazione dei prezzi portasse al collasso finanziario per l'insostenibilità dei debiti, pubblici e privati, ha riaperto i cordoni del credito, a giugno con le T-Ltro, a settembre con l'acquisto di Abs e Corporate Bond ed ora con il QE: esattamente ciò che sarebbe considerato assolutamente deleterio dagli economisti della scuola austriaca. Insomma, prima la BCE segue gli insegnamenti di questa teoria economica e poi fa l'esatto opposto, commiserando i danni determinati dalla debt deflation, teorizzata da Irving.

Il QE è solo il frutto di errori, contraddizioni e soprattutto di tanta paura. Dal punto di vista teorico, la BCE non è monetarista, e neppure keynesiana. Non segue neppure la tradizione della scuola bancaria. Dichiara che ora l'obiettivo della politica monetaria è quello ai far risalire l'inflazione, dopo aver fatto di tutto per fare scendere i prezzi. Insomma, sembra un natante alla deriva: i naviganti prestino la massima attenzione.

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