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L'Euro, padri pentiti e colpevoli silenzi

Anche Romano Prodi ne riconosce le pecche, ma tace su altre responsabilità

Sull'euro, va di moda l'autocritica: l'ex Presidente del Consiglio ed ex Presidente della Commissione Romano Prodi è intervenuto con una intervista su “Il Messaggero”, ricordando le tante questioni rimaste irrisolte ed i tanti errori commessi.

Per evitare l'attacco frontale dei critici dell'euro, un po' tutti coloro che furono artefici della moneta unica ne mettono in luce le pecche: magari è un po' tardi, visto che l'esasperazione sociale provocata dalla crisi e dalle ricette di austerity imposte per risanare i bilanci pubblici ingolfatisi di debito fa aumentare continuamente i proseliti del fronte anti-euro.

Non si dice però tutta la verità: la tenuta della moneta unica era affidata ad un solo argine, rappresentato dal divieto per gli Stati di avere un deficit annuo superiore al 3% e dalla necessità che progressivamente riducessero il rapporto debito pubblico/PIL fino al 60%. Questa era la regola fondamentale, contenuta nel Trattato di Maastricht sin dal 1992.

La verità è che non c'era alcun argine per due altri potenziali squilibri, quello della bilancia dei pagamenti correnti e quello dei debiti delle banche verso l'estero. Basta osservare i dati del periodo che va dal 2001 al 2008 per verificare che sono stati questi squilibri a determinare la crisi delle banche in Spagna ed Irlanda. Il rapporto debito pubblico/PIL era invece nettamente migliorato. Lo stesso è accaduto in Grecia e Portogallo. L'Italia aveva ridotto ampiamente il rapporto debito pubblico/PIL.

Il fatto è che, dopo la crisi americana del 2008, le ripercussioni sul sistema bancario europeo sono state violente. Molti Stati, dalla Gran Bretagna alla Germania, dalla Francia al Belgio, dall'Austria alla Danimarca hanno dovuto ricapitalizzarle e talora nazionalizzarle. Questi debiti sono stati accollati ai bilanci statali. In più, la liquidità erogata in via di emergenza dalla BCE è stata ritirata velocemente, per avviare la exit strategy. Dovendo rimborsare la BCE, le banche del nord Europa, soprattutto francesi e tedesche, hanno cominciato a vendere i titoli pubblici che avevano in portafoglio, da quelli greci a quelli italiani. In più, ritiravano i crediti concessi alle banche, da quelle spagnole a quelle italiane.

C'è stato uno tsunami monetario che ha allagato i Paesi europei dal 2001 al 2007, poi una grande risacca. Mentre il PIL passava da 100 a 141,7 in termini nominali, il credito ai privati passava da 100 a 215. Il credito alle Pubbliche amministrazioni passava da 100 a 109. Il credito ai privati passò da 5 mila a 13 mila miliardi di euro.

Non sono gli Stati ad aver provocato la crisi dell'Eurozona, ma una politica creditizia senza regole e senza controlli. Gli Stati hanno salvato le banche ed ora i cittadini devono pagare.

L'euro ha tanti difetti, forse troppi. Ma ora chi li mette in luce, forse lo fa tacendo di altri errori: il sistema bancario europeo è andato fuori controllo e la Banca centrale europea non ha vigilato. Gli squilibri delle bilance commerciali hanno arricchito la Germania: per questo si tace.

Non disturbare il manovratore!

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