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Parigi val bene una guerra?

L'Europa, devastata da anni di crisi, si scopre indifesa: da sé stessa

Un'Europa senza né capo né coda, ancora incapace di risolvere la crisi greca, attanagliata da anni di recessione, con una disoccupazione giovanile fuori controllo, prigioniera del Fiscal Compact che cerca di derogare con qualsiasi scusa, si trova oggi di fronte alle sue responsabilità storiche. Sarà guerra? E contro chi?

Abbiamo vissuto per decenni senza che mai ci fossero conflitti tra l'Europa ed i Paesi arabi, mentre era Israele ad attirare su di sé la conflittualità in ragione della mai risolta questione palestinese.

E dopo tanto aver riflettuto, in questi ultimi mesi, sulla inutilità dei conflitti prima in Afghanistan e poi in Iraq, nonché sulle conseguenze destabilizzanti del sostegno dato alle primavere arabe e degli interventi aerei in Libia, si era rimasti sorpresi di fronte al sostegno militare recato dalla Russia al regime di Assad in Siria. Un regime che, secondo gli Occidentali, andava abbattuto già da anni, senza avere la minima idea del futuro. L'Isis sembra aver trovato chi, finalmente, lo combatte davvero.

L'Occidente si è trovato d'improvviso spiazzato, inutile, fuori dalla mischia, mentre a Vienna il negoziato diplomatico cerca di definire la transizione siriana assicurando gli interessi russi nello scacchiere mediorientale. Pure l'Accordo con l'Iran sull'arricchimento dell'uranio, che ha appena concluso un quarantennio di sanzioni, sembrava aver definitivamente estromesso l'Occidente. Si ritirava dopo un quindicennio di interventi dall'Heartland asiatico, nonostante la conferma di pochi contingenti armati.

D'improvviso, ora tutto cambia: dopo gli attentati a Parigi, compiuti di venerdì 13 come se davvero questa data porti con sé sciagure infinite, c'è aria di guerra, di un nuovo intervento. Colpire Parigi, ancora una volta, è stato quanto mai facile: la Francia intera è una polveriera innescata: le banlieue delle grandi città sono irrespirabili e rancorose periferie, crogiuoli in cui ribolle il livore giovanile contro una società che esclude da sempre i diseredati, per la maggior parte figli di immigrati dalle ex-colonie dell'Africa magrebina.

Sono anni che ogni notte, città dopo città, vengono date alle fiamme auto e cassonetti, mai contate, senza che nessuno possa intervenire per sedare le rivolte: è una gioventù disperata, marginalizzata, tra cui è fin troppo facile trovare qualcuno che ceda alla tentazione dell'atto disperato, al suicidio salvifico dopo l'atto terroristico. Era questo il malessere sociale che andava sminato, è questo il serbatoio del risentimento da cui si attinge per arruolare foreign fighters e terroristi di ogni risma. L'Isis è solo l'innesco.

La distruzione di ogni speranza nel futuro, di ogni prospettiva di lavoro, con l'aggravante di troppi anni di crisi economica, ha dissolto ogni fiducia nel sistema.

Colpire la Francia per colpire l'Europa. Colpire un continente incapace di solidarietà al suo interno, che ha imposto alla Grecia, alla Spagna ed all'Italia sacrifici sociali immensi in nome di un dio denaro che ora la BCE stampa senza sosta, senza che ne derivi beneficio alcuno. Denaro che si perde nei meandri della finanza, dei futures e dei derivati, senza mai una destinazione agli investimenti produttivi. Sono anni che si aizzano i giovani contro gli anziani, i disoccupati contro i pensionati, i precari contro i garantiti, gli uberisti contro i tassisti: tutti contro tutti, in una sarabanda distruttiva in nome del Mercato.

A Parigi, tutti senza eccezioni ci scopriamo d'improvviso vulnerabili, senza difese: siamo già in guerra da fin troppo tempo, ma con noi stessi. E' tempo di svegliarsi, prima che sia troppo tardi.

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