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Sub-prime alla cinese

Aleggia ancora il fantasma del 2008

In pratica, l'economia cinese si è trovata a competere in un sistema monetario in cui tutti hanno cercato di svalutare: l'effetto sull'export è stato drammatico, visto che il saldo attivo è crollato dal 10% del PIL nel 2007 al 2% di questi ultimi anni.

Le imprese cinesi, già molto indebitate, si sono trovate a fronteggiare sull'estero una duplice congiuntura negativa, economica e valutaria. La Banca del Popolo Cinese ha allentato la politica monetaria, riducendo i tassi e liberando liquidità bancaria attraverso la riduzione degli obblighi di riserva: voleva sostenere, giustamente, le imprese cercando di ridurre il costo dell'indebitamento.

Si è innestata, invece, una corrente speculativa formidabile: per pagare più facilmente i debiti già contratti, le imprese cinesi si sono indebitate ancora di più, per investire in Borsa. Con i ritmi di crescita registrati tra la metà del 2014 e l'estate scorsa, circa il +10% al mese, c'era da fare ricche plusvalenze. Il ciclo era semplice: basta indebitarsi per comprare titoli in Borsa; aspettare che il loro valore cresca; vendere i titoli ai prezzi più alti; restituire il debito contratto per acquistare i titoli; ripagare alla banca con i margini guadagnati nella compravendita dei titoli anche una parte dei debiti precedenti.

Le banche cinesi hanno finanziato, come già fecero quelle americane, clienti sub-prime.

Prima della crisi del 2008, le famiglie americane si erano indebitate sempre di più, scommettendo sull'aumento del valore degli immobili: pensavano di rivendere le case a maggior prezzo, visto che le quotazioni salivano in continuazione. Così, si sarebbero ripagate non solo il mutuo immobiliare, ma anche le rate residue delle auto comprate a leasing.

In questi ultimi due anni, le imprese cinesi si sono indebitate ulteriormente, per speculare in Borsa. Ma già la scorsa estate le quotazioni erano scese, dopo aver raddoppiato il valore in meno di un anno. Le banche cinesi hanno crediti rilevanti verso le imprese, che sono sempre più in difficoltà: da una parte il mercato non tira; dall'altra, speculando in Borsa, hanno perso cifre consistenti prese a prestito.

Lo yuan è sotto pressione, per via delle continue esportazioni di valuta: prima del crollo, chi può lascia. Successe così con il dollaro, arrivato ad 1,4 sull'euro poco prima della crisi del 2008: erano in molti ad aver annusato la caduta di Wall Street.

L'ombra della crisi cinese si allunga, ogni giorno di più.

Il fantasma della crisi del 2008 aleggia ancora.

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