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Torino e la Fiat apolide

Anche Exor va in Olanda, ultimo addio senza parole.

Anche l'ultimo pezzo di quello che fu l'impero industriale della famiglia Agnelli, basato a Torino, ha lasciato l'Italia: la cassaforte finanziaria, la Exor, avrà sede legale in Olanda, monarchia fiscalmente assai ben disposta verso gli insediamenti societari.

L'elenco dei passi compiuti di recente per recidere ogni residuo legame, sentimentale, politico, industriale e finanziario con l'Italia è assai lungo.

La acquisizione della Chrysler, in piena crisi, portando in dote il know-how tecnico, rovesciò i rapporti di forza tra le due sponde dell'Atlantico senza cambiare il risultato che già ci si prefiggeva ai tempi della cessione della Fiat alla General Motors: sarebbe stata comunque una filiale europea di un produttore americano, né più né meno come la Opel in Germania.

Sono assai più di vent'anni che il destino americano della FIAT era segnato: d'altra parte, che cosa mai era stata la FIAT, sin dalle sue origini, se non una propaggine statunitense? Lo sviluppo della Fiat in Europa e nel mondo era andato di pari passo con la crescita delle multinazionali industriali americane, ed è andata in crisi in coincidenza con l'abbandono della Old Economy.

L'uscita dalla Confindustria aveva segnato la rottura con il mondo delle relazioni industriali: i contratti collettivi si fanno a livello di stabilimento, non più a livello nazionale. Un altro pezzo del passato, reso inutile dalla globalizzazione.

La vendita de La Stampa, attraverso la fusione con il Gruppo L'Espresso, era sintomatico: che serve avere un giornale a diffusione regionale, anche se di prestigio nazionale, quando non si hanno interessi da difendere? Soldi buttati! Meglio comprare il 40% della proprietà editoriale del britannico Economist: fa assai più lustro e ci si guadagna pure.
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