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Torino e la Fiat apolide

Anche Exor va in Olanda, ultimo addio senza parole.

Un po' America, un po' Inghilterra, Olanda quanto basta.

Italia poca per la Fiat, ed ancora meno a Torino. E' qui che si consumò la rottura, mai sanata, che risale alla fine degli anni settanta, agli scioperi ad oltranza proclamati per ribellarsi alla Cassa Integrazione Guadagni dichiarata in modo provocatorio dall'Azienda, ed alla Marcia dei quarantamila che decise le sorti del conflitto. La Città si schierò con la Fiat, il Sindacato fu sconfitto ed il PCI di Berlinguer perse definitivamente il suo potere contrattuale, già minato all'interno degli stabilimenti dalle formazioni dell'ultrasinistra, estrema e con infiltrazioni terroristiche.

Nel 1978 la storia della Fiat si era intrecciata ancor più strettamente con quella dell'Italia. Umberto Agnelli, che era stato amministratore delegato della Fiat, entrò in politica addirittura nelle fila della Democrazia Cristiana, e venne eletto senatore nel collegio di Roma VIII. Era convinto della necessità del dialogo con i Sindacati e con il PCI: l'Italia era alle prese con i postumi della crisi petrolifera del '73 che aveva indotto forti investimenti per produrre automobili più parche nei consumi. Ma era l'onda montante del terrorismo che ancor più preoccupava, ed i disordini in fabbrica. Mettere con le spalle al muro i Sindacati ed il PCI significava lasciare campo libero ad ogni possibile prospettiva di collasso delle istituzioni.

Durò poco la Solidarietà nazionale, con il Congresso della DC che votò il Preambolo Forlani, che escludeva per il futuro ogni accordo di governo con il PCI, ed il Congresso di quest'ultimo che analogamente abbracciò la prospettiva maggioritaria: se il PCI doveva andare al governo, ci doveva andare da solo e non insieme alla DC.

Con la fine della Solidarietà nazionale, la prova di forza a Torino fu vinta dalla Fiat, ma a ben caro prezzo per la Città: un po' alla volta fu abbandonata per andare a produrre auto in qualsiasi altro luogo, purché fosse privo di tradizioni industriali e radicamenti sindacali: Da Cassino a Termoli Imerese, ogni sperduta landa andava bene.

Non c'è mai stato feeling, dopo Umberto Agnelli, tra la proprietà e gli operai. Gianni Agnelli amava tutto del mondo, tranne le fabbriche. Se il sudore, e l'odore acre dei lubrificanti non facevano per lui, molti in Città di schierarono dalla parte del Padrone perché ambivano per sé ed i figli più al ruolo di Capetti che di Operai. In quel modo, la Città tradì se stessa, per perdere tutto: non ci furono più Capetti e tanto meno Operai.

E' l'ultimo addio alla FIAT, presuntuosamente cosmopolita. Qualcosa resterà ancora, a Torino, tristemente apolide.

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