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Banche, si chiude un anno di straordinaria follia

Abbiamo solo perso tempo, in nome del Mercato

Diciamola tutta: nessuno vuole ammettere che stiamo ripercorrendo nel modo peggiore la crisi bancaria del 1931, che colpì l'Europa dopo il crollo americano del '29. Anche allora dominava la banca mista, che può fare prestiti a lungo termine ed operare in Borsa a fronte di depositi a vista. Una recessione lunga e profonda, decisa a partire dal governo Monti per recuperare competitività deflazionando i salari e creando disoccupazione, ha fatto fallire migliaia di imprese che avevano affidamenti bancari per centinaia di miliardi di euro.

Chi continua a sostenere che la colpa del tracollo è dei banchieri infedeli, e dei prestiti concessi agli amici degli amici, dovrebbe spiegare perché mai per anni ed anni la percentuale delle sofferenze sugli impieghi era del 2% e dopo la crisi è arrivata ad oltre il 20%. I ladri ci sono sempre stati e sempre ci saranno, ma il tracollo del sistema bancario non è colpa delle ruberie.

Nonostante questa evidenza, si è aspettato per un intero anno che il mercato facesse tutto da solo: che ripulisse le banche e le ricapitalizzasse.

Ed invece non si è fatto niente, neppure per le nuove quattro banche locali che a dicembre dell'anno scorso furono liquidate, con un decreto legge che azzerò il capitale e le obbligazioni dopo aver e confinato le sofferenze in una apposita bad bank: non solo sono ancora in attesa di compratore, pur essendo state ripulite, ma hanno nuove sofferenze.

Della trasformazione delle Popolari, quello che è sicuro è stato l'azzeramento del capitale per la Popolare di Vicenza e per Veneto Banca, con il Fondo Atlante che ha dovuto svalutare la sua partecipazione e che ora deve versare altro capitale per promuoverne la fusione. Naturalmente, in questi mesi ci si è occupati di tutto tranne che del credito alle imprese.

Del Monte dei Paschi di Siena siamo stati informati di continuo: la ricapitalizzazione di 5 miliardi sul mercato non si è verificata, mentre anche la cessione dei 27 miliardi di sofferenze non si è ancora perfezionata: adesso, accertato che il mercato non ne vuole sapere di mettere denaro fresco, interverrà lo Stato. Ma ancora non si sa in che modo e con quali penalizzazioni per azionisti ed obbligazionisti. Il paradosso assoluto è il contesto in cui tutto questo sta accadendo: i 5 miliardi servirebbero per fronteggiare l'azzeramento del capitale che deriverebbe dal verificarsi dello scenario avverso considerato negli stress test conclusi a luglio scorso da parte della BCE, ma poi, sembra che questo denaro dovrebbe coprire le ulteriori svalutazioni delle sofferenze, per arrivare ad un prezzo di mercato. Ed ancora, servirebbe per pagare il costo delle garanzie statali sulle cartolarizzazioni delle sofferenze stesse.

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