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Perché il rottamatore è stato rottamato

Democrazia governante e mercatismo affondano, in un unico gorgo

La Corte costituzionale ha bocciato l’Italicum, mettendo una pietra tombale sulla questione più controversa: è illegittimo il ballottaggio tra le prime due liste, con cui si attribuisce il premio di maggioranza a prescindere dal numero di voti ricevuto. Il premio rimane, ma solo alla lista che ha raggiunto almeno il 40%. In pratica, si torna al proporzionale. E’ stata bocciata anche la norma che prevedeva che uno stesso candidato, presentatosi come capolista fino a dieci collegi, potesse scegliere personalmente il seggio di elezione: si procederà con un sorteggio.

Per governare serve una maggioranza elettorale vera, senza scorciatoie: la strategia della democrazia governante, volta a realizzare il progetto neoliberista degli anni Ottanta, è incostituzionale. L’Italicum, come il Porcellum, tradiva i principi fondamentali della democrazia rappresentativa.

E’ l’intero impianto politico-istituzionale del Renzismo che ne esce distrutto: l’idea che si debba governare, anche senza avere il consenso della maggioranza del popolo, per approvare le riforme richieste dalle istituzioni del mercatismo.

Già a dicembre scorso, la dichiarazione di morte era stata pronunciata dal voto popolare, con il No al referendum sulle riforme costituzionali. Era l’ultimo possibile tentativo di piegare la democrazia rappresentativa, nata con la Costituzione repubblicana. Tre erano gli snodi fondamentali della riforma: la fiducia al governo solo da parte della Camera dei deputati con la eliminazione del Senato che veniva trasformato in una Assemblea delle Autonomie; la riduzione dei poteri delle Regioni a favore dello Stato; il procedimento legislativo con voto a data certa.

Insieme all’Italicum, la nuova legge elettorale per la Camera dei deputati, dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale per aver riproposto gli stessi vizi che avevano portato alla illegittimità del Porcellum, si sarebbe garantita la celerità delle decisioni parlamentari. Una sola lista politica al governo, senza coalizioni traballanti, come ai tempi dell’Ulivo e della Casa delle Libertà.

Il combinato disposto della riforma costituzionale con la riforma elettorale avrebbe garantito al vincitore elettorale di governare senza ostacoli: aiutato da un consistente premio di deputati alla Camera, garantito al primo turno dal superamento del 40% dei voti e comunque al ballottaggio a chi fosse arrivato comunque primo. Un sistema col turbocompressore: senza i ritardi ed i compromessi tipici delle mediazioni parlamentari e soprattutto senza la necessità di avere la maggioranza dei voti degli elettori. Mettendo insieme liste bloccate e le candidature multiple dei capilista, il sistema sarebbe stato invulnerabile.

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