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Argentina in default? Ecco cosa accadrà ai risparmiatori "dissidenti" italiani

Economia
Argentina in default? Ecco cosa accadrà ai risparmiatori "dissidenti" italiani
(Teleborsa) - L'Argentina torna sotto i riflettori e c'è chi da qualche tempo parla di un secondo default, a causa della sentenza emessa a metà giugno dalla Corte Suprema americana, che ha dato ragione ad un gruppetto di hedge funds che non avevano aderito alla ristrutturazione avvenuta nel 2001, che imponeva un taglio del valore nominale dell'investimento (haircut) delle 70%.

Confermando l'ingiunzione di pagamento decretata a suo tempo dal procuratore Thomas Griesa, che aveva imposto il pagamento di 1,33 miliardi di dollari ai fondi statunitensi, la Corte ha di fatto stretto l'Argentina in una situazione di affanno finanziario, tanto che c'è chi afferma che Buenos Aires non riuscirà ad onorare le scadenze e pagare gli interessi maturati sino a ieri entro i 30 giorni previsti dal periodo di garanzia.

A cosa è dovuta questa ulteriore tensione finanziaria? Il problema è che il principio del "pari passu" inserito nel regolamento dei tristemente noti Tango Bond prevede che, alla scadenza del pagamento degli interessi per chi ha aderito alla ristrutturazione, l'Argentina debba pagare (per parità di trattamento) anche chi non ha aderito. Ora, la questione era stata a lungo congelata dal ricorso presentato dal Paese sudamericano, ma la Corte Suprema ha ora rimesso in moto il pallottoliere ed imposto di pagare ai fondi statunitensi 1,5 miliardi.

Nonostante gli allarmi frequenti, la questione potrebbe determinare una svolta per i risparmiatori italiani. Si tratta di 50 mila risparmiatori che nei due round del 2005 e del 2010 non accettarono le pesanti condizioni imposte da Buenos Aires e rifiutarono, proprio come gli hedge fund a stelle e strisce, il taglio del 70% dell'investimento.

Secondo Barbara Giani, analista di JCI Capital, "sembra essersi aperto uno spiraglio per una trattativa", anche se restano alcune perplessità riguardo la platea. Infatti, il rimborsare 1,5 miliardi ai fondi americani non sarebbe un problema di per sé, considerando le riserve che ammontano a 28-30 miliardi, ma se anche gli altri creditori "non aderenti alla ristrutturazione" pretendessero il rimborso completo, allora la cifra potrebbe presto lievitare a 15 miliardi, secondo il Ministro dell'Economia argentino Axel Kicillof, rendendo impensabile e impraticabile la via del rimborso totale e immediato.

L'altra grande questione - prosegue l'analista - riguarda la cosiddetta clausola RUFO (Rights Upon Future Offers, ovvero i Diritti sulle offerte future) che scade il 31 dicembre 2014 e che Buenos Aires teme che si possa ritorcere contro qualora accordasse ai creditori "ribelli" il pagamento totale dei bonds: a questo punto tutti i creditori che hanno accettato la precedente ristrutturazione potrebbero legittimamente pretendere gli stessi diritti, ovvero il pagamento in toto, vanificando di fatto la ristrutturazione del debito operata dal Paese sudamericano e provocando un nuovo default.
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