(Teleborsa) - Per i governanti delle desertiche città di Dubai e Abu Dhabi, il lusso, la prosperità e la sicurezza, in una regione perennemente dilaniata da conflitti, sono cose che devono essere protette.
In un Paese noto più per le sfarzose costruzioni di centri commerciali, grattacieli e ville galleggianti, che per i trofei umani dei militanti dello Stato Islamico, gli Emirati Arabi Uniti sono direttamente coinvolti nella lotta al terrore, mai come prima d'ora.
La scorsa settimana,
forze aeree di una coalizione pan-araba coordinata dagli Stati Uniti, hanno preso parte ad incursioni contro lo Stato Islamico, sottolineando la portata della minaccia percepita dopo le conquiste e le devastazioni nel nord dell'Iraq e in Siria.
"Il fatto che forze aeree degli Emirati Arabi abbiano preso parte alle incursioni contro l'Isis, conferma che il problema della Jihad condotta dai terroristi islamici è una vera e propria allerta rossa", ha detto
Ghanem Nuseibeh, fondatore di Cornerstone Global Associates, che fornisce consulenza e assistenza ai propri clienti sui rischi da fronteggiare in Medio Oriente. "Lo Stato Islamico è un pericolo serio perché ha la capacità di espandersi, consa che al-Qaeda non voluto o potuto fare".
Gli Emirati Arabi Uniti e altri paesi dell'area del Golfo, considerano quella dei gruppi armati islamisti, come una sfida cruciale per le loro fiorenti economie basate sul petrolio e per le rispettive monarchie, rimaste prevalentemente integre nel corso delle rivolte degli ultimi quattro anni.
Quella degli Emirati è una delle più moderne forze aeree del mondo e tra le più impegnate militarmente, insieme agli Stati Uniti e all'Egitto, nel giro di vite sugli islamisti in Libia, lo scorso mese di agosto.
Il ministro degli Esteri degli Emirati, lo Sceicco
Abdullah bin Zayed Al Nahyan, ha detto all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 27 settembre, che la minaccia dello Stato islamico è facile che si allarghi anche al di là del Medio Oriente.