(Teleborsa) -
Daniel Lucey, medico e professore alla
Georgetown University, attivo nel più grande centro per il trattamento di Ebola del mondo, avrebbe
trovato il focolaio originario di Ebola in un capo della Liberia. Decine di pazienti riversi su materassi adattati sul pavimento, al buio e senza energia.
"Non vedo una luce alla fine del tunnel", ha detto Lucey, che è appena a metà del viaggio di ricognizione in Liberia, che il medico americano sta facendo aggregato all’organizzazione
Medici Senza Frontiere. "L’epidemia in queste zone sta peggiorando".
Ebola è una sfida sempre più urgente per MSF e la comunità sanitaria globale.
La paura si diffonde negli Stati Uniti, dove sono stati individuati casi mortali del virus, ma anche nel resto del nord del mondo. La lotta principale contro l'epidemia, ancora in corso, è condotta solo da volontari come Lucey, direttamente sul campo.
MSF è stata la prima, spesso la sola, linea di difesa contro Ebola in Africa occidentale. Il gruppo ha
lanciato l'allarme il 31 marzo,
molti mesi prima della Organizzazione Mondiale della Sanità.
Ora, dopo il trattamento di quasi un terzo dei circa 9.000 casi confermati di Ebola in Africa e di fronte a un avvertimento dell'OMS di
10.000 possibili nuovi casi di infezione entro dicembre, MSF sta lavorando al limite delle sue possibilità.
"Siamo al punto di rottura", ha detto
Nguyen Vinh-Kim, professore presso la Scuola di Salute Pubblica all’Università di Montreal, che si è offerto volontario per un tour dell'Africa occidentale con MSF.
Medici Senza Frontiere ha già visto 21 suoi operatori colpiti dal virus e 12 di questi sono morti. "C’è la percezione che una grande ondata di infezioni stia per scardinare le difese attualmente in atto in Africa", ha detto Nguyen.