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Cinque per mille, altolà della Corte dei Conti: va riformato

Economia
Cinque per mille, altolà della Corte dei Conti: va riformato
(Teleborsa) - Alzi la mano chi, almeno una volta nella vita, non si è trovato davanti al dilemma della destinazione del Cinque per mille nella dichiarazione dei redditi.



A quanto pare, oltre alle questioni ideologiche a complicare la scelta ci sarebbero anche una serie di disfunzioni nell'applicazione di questo istituto. La Corte dei Conti ne ha rilevate più di una, elencandole con i relativi consigli per rendere questo importante gesto dei contribuenti il più trasparente ed efficace possibile.

Innanzitutto, secondo la magistratura contabile servirebbe uno sfoltimento dei beneficiari. Ad oggi se ne contano quasi 50 mila. Per le onlus e gli enti del volontariato, quasi 9 mila enti ottengono un contributo inferiore ai 500 euro ed oltre mille non hanno ottenuto nemmeno una firma. Non solo: molte organizzazioni, pur non avendo finalità di lucro, non producono alcun tipo di valore sociale, rivolgendosi esclusivamente ai soci o iscritti, senza rispondere a criteri di misurabilità dell'utilità sociale prodotta.

In secondo luogo, la Corte ritiene necessario intraprendere un'attività di audit dell'Agenzia delle entrate sul comportamento degli intermediari in potenziale conflitto di interesse, al fine di tutelare la libera scelta dei contribuenti.

In terzo luogo, con riguardo alla pubblicazione sulla rete web, è necessario che venga pubblicato un unico elenco annuale di tutti i beneficiari, con il relativo numero di contribuenti e di importo. Solo così si potrà avere un quadro reale del finanziamento effettivo degli enti (in questo momento i dati sono confusionali e imparziali).

La Corte dei Conti sottolinea poi la preclusione di partecipazione per gli enti di diritto pubblico al finanziamento delle attività di tutela, promozione e valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici. Tali risorse, invece, vengono dirottate su enti privati spesso non specializzati nel campo del restauro e della conservazione, che sviluppano, peraltro, spesso, progetti assai discutibili e, pertanto, poco interessanti per i contribuenti.

Secondo i togati, infine, risulta irrazionale l'impossibilità di scelta diretta dell'ente da parte dei contribuenti nella scheda per l'opzione della destinazione del 5 per mille a favore delle attività di tutela, promozione e valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici.
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