(Teleborsa) - Sono ormai quattro anni che le
attese rialziste per l’oro restano delle pie
illusioni. Dopo il
picco segnato nell’agosto 2011, i prezzi del metallo giallo sembrano incanalati in un
trend ribassista tuttora in essere. Tuttavia peggio degli investitori sull’oro, sono andati gli estrattori, le miniere, cioè chi l’oro lo tira fuori dalle viscere della terra.
A conferma di come
le fortune degli estrattori non vanno più di pari passo con i prezzi dell’oro, basta dire che le
azioni delle società minerarie, corrette per l’inflazione, sono ora al
livello più basso dal 1980. Dopo una striscia di guadagni ultra decennale, abbiamo assistito ad un significativo calo dei prezzi dal 2011.
Anche
il 2015 è cominciato sotto una cattiva stella, ma il ribasso è rimasto contenuto al 3%, con un dollaro più forte e con una contrazione della domanda per l’oro visto come investimento alternativo. L’
instabilità in Grecia e
in Cina ha contribuito a guidare un po’ di shopping sul fisico, ma nulla di eclatante.
Le società minerarie, al contrario, sono scese mediamente del 16%, rispetto all’anno scorso, come misurato dal
Philadelphia Stock Exchange Gold and Silver Index.
Si può, in prospettiva, dire che il
livello delle scorte sia in iper venduto? Alcuni analisti si aspettano che il prezzo dell’oro recuperi terreno nei prossimi sei mesi.
Morgan Stanley, di recente, ha aggiornato il rating di
Goldcorp, la più grossa società compresa dell'indice di Philadelphia, classificandola “attraente”.
D'altra parte, la correlazione tra i prezzi dell'oro e quelli delle società minerarie, potrebbe essersi indebolita per altre ragioni. Secondo
Bloomberg, gli
investitori utilizzano sempre più le operazioni alternative per non arrivare a detenere oro fisico, come gli swap e gli ETC, cioè fondi negoziati in borsa, e questo porta a comprimere ulteriormente il valore d’impresa delle società minerarie, rispetto alle loro riserve, giunte al livello più basso degli ultimi 8 anni.