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Borse, gli operatori si interrogano aspettando la sberla finale

Economia
Borse, gli operatori si interrogano aspettando la sberla finale
(Teleborsa) - E’ sempre la Cina, quando per un verso e quando per l’altro, a dettare il “bias” dei mercati. Il mese di settembre è iniziato come era finito agosto, cioè con il mercato cinese in fase di sgretolamento ed una sequela di dati negativi che stanno minando dalla base la fiducia degli investitori.

L’impressione che si ricava osservando il comportamento dei mercati è che la seconda economia più grande del mondo non abbia ancora trovato il fondo. Ad agosto, dopo la svalutazione dello yuan, i mercati azionari mondiali hanno visto evaporare 5.700 miliardi di dollari in capitalizzazione, proponendo la peggior situazione tecnica dal 2008.

Nessun indice è escluso da questa ecatombe che ha falcidiato i prezzi dei titoli di tutto il mondo. L'indice S&P 500 è sceso del 6%, evidenziando il più grande calo dal maggio 2012. La stessa sorte è toccata all’indice Euro Stoxx 600, sceso dell’8,5%, archiviando il peggior mese degli ultimi 4 anni.

La Cina è alle corde e non è bastato nemmeno l’iniziativa del governo di Pechino di pompare ulteriore liquidità nel mercato azionario, permettendo ai fondi pensione statali di comprare azioni. Si credeva in un recupero, ma così non è stato e le altre aree del mondo, dal meeting economico di Jackson Hole, si stanno impegnando a dipingere un clima meno preoccupante, dicendo che la Cina non è un problema per i mercati e che il contesto globale tende a migliorare.

Malgrado rassicurazioni, il trend azionario globale, Stati Uniti esclusi, sembra ormai definito al ribasso.

L'indice MSCI Asia Pacific è sceso del 2%, dopo aver chiuso sotto dell’ 8,5% il mese di agosto, il tonfo più forte degli ultimi due anni e una perdita di valore di 940 miliardi di dollari.

Tutte le asset class sono in fibrillazione, mercato valutario compreso. Il dollaro australiano è sceso al livello più basso dal 2009, dopo che la Banca Centrale del paese ha lasciato i tassi di interesse invariati al 2%. Il dollaro australiano è caduto impattando il crollo delle materie, generato per il deterioramento economico cinese.

Per gli operatori, poi, si sta raffreddando la pista dell’aumento dei tassi per le economie sviluppate, considerandone necessario, per certe aree, addirittura un taglio e valutando un contesto economico globale che potrebbero finire anche in recessione.

Insomma, il barometro delle borse volge verso la burrasca e stante alla lettura dei valori e dei grafici, non promette nulla di buono.
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