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Guardia Finanza scopre frode milionaria nel settore orafo

Economia
Guardia Finanza scopre frode milionaria nel settore orafo
(Teleborsa) - Individuate almeno 16 società fittizie, totalmente sconosciute al Fisco, che tra il 2013 e il 2014 hanno evaso IVA per circa 25 milioni di euro nel settore del commercio di metalli preziosi.

Sono questi gli esiti dell’operazione “MARCHIO SFRENATO”, coordinata dal Sostituto Procuratore di Vicenza, dott. Luigi Salvadori, il Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Vicenza ha smascherato un’articolata organizzazione criminale.

Nei giorni scorsi, i finanzieri di Vicenza, in collaborazione con il Nucleo di Polizia Tributaria di Matera e di altri 10 Reparti del Corpo di diverse regioni, hanno eseguito un centinaio di perquisizioni personali e locali, in 13 province (Vicenza, Milano, Roma, Bergamo, Lecco, Como, Ascoli Piceno, Arezzo, Bari, Napoli, Caserta, Matera e Potenza), nei confronti di 36 società coinvolte, 47 indagati e della filiale romana di una primaria banca nazionale ove diverse società fittizie (apparentemente fra loro scollegate) avevano aperto i conti correnti utilizzati per le frodi.

Queste società, tra l’altro, erano “amministrate” da soggetti di ogni genere: idraulici, parcheggiatori abusivi, mendicanti senza fissa dimora e cittadini stranieri residenti all'estero, ma domiciliati presso un hotel milanese.

Il sistema di frode, basato sulla creazione e sull'interposizione fittizia di società "fantoccio” nella filiera commerciale, ha sfruttato l’emissione di fatture false per un totale di oltre 350 milioni di euro, che potrebbero però aumentare con la ricostruzione dei rapporti emersi dalle recenti perquisizioni.

In sintesi, alcune società sane vendevano, almeno sulla carta, oro industriale, di purezza pari o superiore a 325 millesimi, alle società fittizie, definite "cartiere" (dal momento che l’attività si limita allo spostamento della carta delle fatture) intestate a "prestanome". La purezza minima di 325 millesimi faceva sì che le vendite in questione avvenissero tramite il regime di non imponibilità IVA definito "reverse charge" che permette alla società acquirente (in questo caso la “cartiera”) di non pagare l’IVA sull'acquisto. Quindi, pur non eseguendo alcun tipo di lavorazione sul metallo acquistato (in quanto società fittizie, senza uffici, stabilimenti o macchinari industriali), le cartiere rivendevano la merce acquistata riducendone il titolo di purezza, in modo da poterla cedere con IVA, maturando così un debito da versare all'Erario.
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