(Teleborsa) -
L'onda lunga della Brexit non si ferma e rischia concretamente di lasciare il segno di un effetto collaterale sull'economia britannica. I grandi gruppi bancari stanno infatti pianificando di
trasferirsi fuori dalla Gran Bretagna per l'incertezza che si profila nel Paese in seguito all'esito del referendum dello scorso giugno. Lo ha dichiarato il
presidente dell'Associazione dei banchieri britannici Anthony Browne. In un commento scritto sull'Observer e ripreso dai media britannici, Browne sostiene che dietro la fuga ci siano i timori che i politici europei possano erigere
barriere commerciali per indebolire la City nel corso delle trattative per la Brexit.
Le piccole banche potrebbero iniziare a spostare le proprie operazioni oltre la Manica
già nelle prossime settimane, "prima di Natale" e i grandi gruppi potrebbero seguirle nei primi mesi del 2017, ha aggiunto. "Le loro mani stanno fremendo davanti al bottone del trasferimento - ha aggiunto il capo della BBA - Il settore bancario è probabilmente
il più colpito dalla Brexit tra i settori economici, sia nel grado di impatto, sia nella scala di implicazioni".
"Per le banche la Brexit non significa soltanto
tariffe aggiuntive che vengono imposte sul commercio, come è per altri settori. Si tratta di capire se le banche hanno
diritto legale di erogare servizi o no" e se resterà in vigore il regime di "passporting" che consente ai gruppi con base in Gran Bretagna di operare in Europa senza autorizzazioni separate. Il vero problema per Browne è dato dalla "retorica" e dai
governi nazionali che "cercano di usare i negoziati per l'uscita dall'Ue per costruire muri nel Canale per dividere in due il mercato finanziario europeo", ma sarebbe, "dalla prospettiva europea" come "tagliarsi il naso per far dispetto alla faccia" e
porterebbe pochi posti di lavoro "a Parigi o Francoforte" facendo al contrario aumentare i costi per gli investimenti. "Le banche devono sperare per il meglio ma essere preparate al peggio", ha aggiunto Browne.