(Teleborsa) -
La criminalità largamente diffusa nel settore del commercio al dettaglio manda in fumo 26 miliardi l'anno. Un costo ripartito fra i mancati incassi di
fatturato (circa 20,8 miliardi) e le
spese per la difesa e le assicurazioni (circa 5,7 miliardi).
Lo rivela una
indagine realizzata da Confcommercio con Gfk Eurisko, su fenomeni come l'abusivismo, la contraffazione ed il taccheggio.
Dalla ricerca emerge che, sempre nel 2016,
1 imprenditore su 10 ha ricevuto minacce o intimidazioni con finalità estorsive, mentre 1 imprenditore su 7 ha dichiarato di conoscere altre imprese che sono state oggetto di minacce (+2 punti percentuali rispetto al 2015). Considerando nell'insieme l'esperienza indiretta e diretta, la quota complessiva di
imprese coinvolte (16%) non cambia rispetto al 2015.
Nel Sud e nelle Isole tale percentuale sale al 38%.
Le minacce subite consistono soprattutto in
pressioni psicologiche per il 77% delle imprese e la percentuale di imprenditori minacciati che cede alla
richiesta estorsiva arriva al 61%, con un'accentuazione al Sud.
Per l'86% degli imprenditori, poi, le leggi sono inefficaci a contrastare i fenomeni criminali. Quasi tutte le imprese (89%) sono favorevoli all'inasprimento delle pene e l'85% ritiene che non si scontino realmente le pene per i reati commessi. Queste valutazioni negative sono più accentuate al Nord, in particolare al Nord Est, tra
tabaccai e
pubblici esercizi.
A fonte di tutto ciò quattro imprenditori su cinque hanno adottato
almeno una misura di sicurezza per proteggersi dalla criminalità. Le principali misure riguardano l'utilizzo di telecamere/impianti di allarme (52%), la stipula di un'assicurazione (34%), le denunce e la vigilanza privata (25%).