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Confcommercio stima una ripresa lenta dove pesa la stretta creditizia

Economia
Confcommercio stima una ripresa lenta dove pesa la stretta creditizia
(Teleborsa) - Nel 2017 il PIL crescerà dell'1,1% ed i consumi dello 0,8%, ma dal 2014 ad oggi il ritmo della crescita è stato il penultimo in Unione Europea, l'inflazione mostra una accelerazione all'1,5% e l'occupazione rallenterà. Sono questi i dati salienti contenuti nelle stime primaverili dell'Ufficio Studi di Confcommercio, rese note oggi a Cernobbio.



La causa principale? Per l'associazione che rappresenta i commercianti è colpa del credit crunch (stretta creditizia), visto che negli ultimi cinque anni il credito si è ridotto del 7% (contro una crescita dell'8,5% in Francia e del 6,4% in Germania) e quello concesso dalle banche alle imprese, in particolare, è passato da 893 a 776 miliardi. Una contrazione tanto più grave se si pensa che in Italia il credito bancario vale il 72% del totale e che se si guarda alle fonti di finanziamento non bancarie in percentuale del PIL, l'Italia è sotto di venti punti rispetto alla Germania e di 65 rispetto alla Francia, al di sotto anche della Spagna.

A pagarne il prezzo più alto sono, senza sorprese, le PMI, obbligate a pagare un interesse medio del 9,22% (il 12% in Calabria) sullo scoperto di conto contro il 2,09% delle grandi imprese: è un rischio micidiale per la tenuta dei conti delle piccole attività produttive, che in Italia valgono il 46% dell'occupazione e il 30% del valore aggiunto totale. E che, emerge con nettezza dallo studio, non sono affatto più a rischio delle grandi in termini di sofferenze bancarie, visto che hanno un rapporto tra prestiti e crediti inesigibili oggi inferiore a quello totale delle società non finanziarie.

Altro dato lampante, che si può desumere dai dati dell'Osservatorio sul credito Confcommercio attivo dal 2009, riguarda la percentuale di imprese che hanno vista completamente accolta la loro richiesta di credito: se il totale del quarto trimestre 2016 è del 38%, la scomposizione della cifra parla di un 41% per le grandi imprese e dell'11% per le micro.

Secondo un test dell'Ufficio Studi sui bilanci delle imprese del terziario depositati nel 2014 emerge una riduzione potenziale del 4,8% del valore aggiunto di queste aziende e un "effetto credit crunch" che ha ridotto il Pil italiano dello 0,6%. Senza "credit crunch", in altre parole, il prodotto interno lordo sarebbe cresciuto dello 0,7% piuttosto che dello 0,1%.






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