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Sciopero Alitalia adesione massiccia. Ma altre perdite e situazione ancora più difficile

L'irritazione del socio Etihad. Banche e azionisti italiani sempre più restii a versare denaro. Non resterebbe che l'intervento statale. Ma poi?

Economia, Trasporti
Sciopero Alitalia adesione massiccia. Ma altre perdite e situazione ancora più difficile
(Teleborsa) -

Uno sciopero di 24 ore che si concluderà alla mezzanotte di oggi mercoledì 5 aprile, dall'adesione altissima che secondo stime delle organizzazioni sindacali avrebbe raggiunto una media del 90% tra personale Alitalia di terra e di volo. Una protesta unitaria, indetta da Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti e Ugl Trasporto Aereo. Sotto accusa il piano industriale preparato dall'Ad dell'ex compagnia di bandiera, Cramer Ball, e già discusso a più riprese in Cda, che prevede l'esubero di circa 2000 dipendenti.



Un secco NO da parte sindacale che ha provocato una situazione di stallo tra le parti che discutono sul da farsi. Un vero e proprio braccio di ferro. E "senza tagli del personale" sembrerebbe proprio difficile che i soci, o anche solo "qualcuno" di essi, sia disponibile a versare denaro fresco nelle sempre più vuote casse della compagnia. Che, se non adeguatamente rimpinguate, potrebbe provocare, in tempi brevi, addirittura la sospensione dei voli, causa mancanza di fondi per pagare il carburante degli aerei.

Uno sciopero che come tutte le massicce astensioni dal lavoro provoca in ogni caso un danno economico. Per il mancato introito dei biglietti di viaggio e per le spese extra sostenute da Alitalia per "riproteggere"sui velivoli di altre compagnie passeggeri non disposti o impossibilitati a ritardare il viaggio. E l'organizzazione di emergenza messa in campo da AZ per limitare al massimo i disagi sembrerebbe aver prodotto buoni risultati. Ma a caro prezzo.

In tutto ciò non è trascurabile l'irritazione di Etihad, che come si sa è proprietaria da quasi tre anni del 49% delle azioni Alitalia avendo versato un vero e proprio fiume di denaro che si è dissolto come neve al solo. Anche volendo, per regole comunitarie, la compagnia di Abu Dabhi non può più versare un solo euro, o dollaro che sia, per contribuire alla "ripresa" del partner italiano. Altrimenti, aumentando la quota di partecipazione anche solo al 50%, Alitalia perderebbe lo status di compagnia europea, con gli innumerevoli guasti che ne deriverebbero. L'irritazione di Etihad sarebbe anche contro il Governo italiano che avrebbe dato la garanzia di una "pace sociale" indispensabile alla ripresa, non riuscendo poi a mantenere la promessa. E poi per gli arabi il concetto di sciopero è "duro" da digerire, non rientrando nelle loro abitudini, almeno come da noi concepito.

Il successo dello sciopero non deve indurre i sindacati a cantare vittoria. Anzi potrebbe addirittura trasformarsi in un boomerang. Le banche azioniste, Unicredit e Intesa in primo luogo, perdurando l'incertezza sarebbero sempre più restie ad allentare i cordoni dello borsa. Così come i soci italiani di Alitalia-Cai, si, proprio quella dei "capitani coraggiosi" di berlusconiana memoria, che nonostante il loro fallimento controllano la maggioranza delle quote dell'attuale Alitalia-Sai che detiene a sua volta il 51% della compagnia contro il 49% di Etihad.

Non rimarrebbe quindi che l'intervento dello Stato attraverso complesse alchimie amministrative tali da soddisfare le normative vigenti per poter assicurare quell'immissione di denaro indispensabile a evitare il definitivo fallimento. Operazione estrema, che tuttavia senza un totale cambiamento di rotta con rapidità nella gestione Alitalia, come nel gioco dell'oca rischierebbe di riportare la situazione al punto di partenza.

Sindacati e azienda torneranno domani 6 aprile al tavolo per una trattativa non stop fino al 13 aprile. Alitalia e sindacati si incontreranno di nuovo per riprendere il confronto sul piano industriale venerdì mattina, 7 aprile, al Ministero dello Sviluppo Economico.

"Ora (dopo lo sciopero di oggi, n.d.r.) è più chiaro che non è accettabile proseguire con una trattativa il cui esito si vorrebbe già precostituito con il taglio di lavoro e salari - afferma una nota Uiltrasporti – e si chiede agli azionisti della compagnia e al Governo di fare la propria parte per modificare il piano industriale, affinchè sia di vero rilancio e non di mera sopravvivenza, con investimenti e programmi realistici e credibili"

"Non è accettabile che i dipendenti Alitalia che finora hanno garantito la sicurezza e la qualità dei servizi - continua la nota - paghino gli errori commessi dai vertici. Invitiamo pertanto il Governo e gli azionisti a verificare attivamente i veri costi che rendono Alitalia non competitiva sul mercato".

Un'ostinazione che non promette nulla di buono, comunque una bella gatta da pelare per il Governo.

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