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Sababa Security, Aceti: con IPO potenziamo R&S e acquisiamo aziende tech

L'intervista a Teleborsa di Alessio Aceti, amministratore delegato dell'operatore italiano attivo nel settore della cybersecurity con un’offerta integrata e personalizzata per la protezione dalle minacce informatiche

Finanza, IPO
Sababa Security, Aceti: con IPO potenziamo R&S e acquisiamo aziende tech
(Teleborsa) - Dopo soli 2 anni di attività alle spalle, Sababa Security ha deciso di accelerare i suoi programmi di crescita con la quotazione su Euronext Growth Milan, il segmento di Piazza Affari dedicato alle PMI ad alto potenziale di crescita. Già nella comunicazione, la società di cybersecurity si vuole porre in discontinuità con gli altri attori sul mercato. "Il nostro approccio è molto colorato, mentre la maggior parte delle aziende di cybersecurity sono dark o black, e poi Sababa è uno slang ebraico che significa "tutto bene", un po' come hakuna matata, perché il nostro approccio è molto semplice e diretto, vogliamo risolvere i problemi dei nostri clienti", ha detto a Teleborsa il CEO Alessio Aceti. Costituita a ottobre 2019, la società ha oggi sede a Milano, uffici a Roma e Genova e attività commerciali in diversi Paesi, tra i quali Italia, Svizzera, Spagna e Uzbekistan. Il valore della produzione atteso per il 2021 è di 4,5 milioni di euro e il portafoglio strategico comprende soluzioni per la sicurezza degli ambienti corporate IT, per il settore dell'Automotive, l'Industrial Cybersecurity, le Istituzioni Governative e le Forze dell'Ordine.

Vi approcciate al mercato dopo soli due anni alle spalle, come è nata l'azienda?

"Io ho sempre lavorato nel settore della cybersecurity e ho vissuto qualche anno a Mosca, dove ero nell’executive team di Kaspersky, uno dei principali vendor di cybersecurity al mondo. Volevo dare vita a un'iniziativa tutta italiana e siamo quindi partiti con questa azienda, anche identificando un buco nel mercato: quando c'è da vendere una soluzione di cybersecurity ci sono 100 player che si fanno avanti, ma quando si tratta di infrastrutture critiche, sicurezza dell'ecosistema dell’automotive, sicurezza dei siti industriali, c'è proprio una mancanza di offerta e di competenze sul mercato. Noi le abbiamo portate, sia ai client finali che ai partner (lavoriamo con una cinquantina di integrator). Oggi ci occupiamo in maniera verticale di cybersecurity per il settore industriale e automotive, e abbiamo una serie di soluzioni sviluppate da noi per la sicurezza gestita e la cybersecurity awareness".

Vendete sia soluzioni terze che vostri prodotti?

"Abbiamo soluzioni nostre, eroghiamo servizi e poi, se il cliente ha necessità di avere una specifica soluzione, veicoliamo soluzioni di terzi. Non lo facciamo però mai con la rivendita, perché non saremmo competitivi contro player cento volte più grandi: quello che cerchiamo di fare è trasformare la soluzione di terzi in un servizio gestito, quindi di plasmarlo sulle esigenze del cliente, offrendogli assistenza e monitoraggio".

Quali sono i prodotti che pesano di più sul fatturato e quelli in maggiore ascesa?

"Sicuramente uno dei servizi in maggiore crescita è il Secure DNS (il Domain Name System è il sistema che regola la traduzione dei nomi dei nodi della rete in indirizzi IP, fungendo da "guida telefonica" di internet, ndr), pur avendolo rilasciato soltanto a luglio. Abbiamo questa soluzione proprietaria che replica i DNS del web, ma in maniera sicura. Controlliamo cioè le richieste, le confrontiamo con database nostri e di terze parti, per vedere se sono sospette o malevole, ed eventualmente le blocchiamo e le segnaliamo all'amministratore.

Il nostro fatturato oggi è di servizi, in quanto per sviluppare i prodotti ci abbiamo messo mesi e nel caso del Secure DNS più di un anno, mentre i servizi abbiamo iniziato a erogarli fin dal primo giorno. Oggi è la componente preponderante sul fatturato, ma vediamo in forte ascesa tutta la parte di industrial cybersecurity, quindi la sicurezza delle infrastrutture critiche, dei siti produttivi e del settore automotive. In quest'ultimo campo abbiamo due clienti attivi: uno fa le colonnine di ricarica, e noi ci occupiamo della messa in sicurezza dei dati e del sistema in quanto tale, e l’altro è un produttore di veicoli elettrici per la raccolta rifiuti, e noi lo aiutiamo a essere compliant con tutte le normative sulla cybersecurity dei veicoli connessi e su tutta la parte di verifica delle vulnerabilità".

Oggi siete attivi in Italia, Svizzera, Spagna e Uzbekistan, paesi diversi tra loro. Qual è la strategia in queste aree?

"La Svizzera è molto simile all’Italia, quindi su questo mercato non c’è molto da dire. L'aspirazione di Sababa è stata fin da subito quella di iniziare un percorso di internazionalizzazione su paesi in via di sviluppo e simili al nostro, in modo da creare un modello da replicare in futuro in altre nazioni.

Per quanto riguarda i paesi in via di sviluppo siamo partiti dall'Uzbekistan, quindi centro Asia, perché è un mercato dove si parla russo, lingua che io e altri colleghi conosciamo. In più, in Uzbekistan stiamo facendo sourcing di competenze, in quanto il paese sta seguendo un po' il modello India. Ci sono tante università, private e pubbliche, che insegnano tematiche di IT e cybersecurity. Questa diventa quindi un'espansione doppia: da un lato commerciale, con clienti importanti, e dall'altro è un reperimento di talenti.

In Spagna volevamo fare la prima mossa in un paese simile all'Italia per quanto riguarda la maturità del settore. Andare a nord sarebbe stato rischioso, perché in nazioni come Francia e Germania l'ecosistema di cybersecurity è più maturo e più competitivo. Inoltre, uno dei nostri principali distributori, Esprinet, è il più grande distributore sia in Italia che in Spagna".

Perché avete deciso di quotarvi in borsa e perché questo è il momento giusto per farlo?

"L'azienda è nata per fare prodotti, ma non volevano nemmeno chiuderci in uno scantinato a lavorare solo sulla tecnologia e tralasciare la diffusione del marchio tra i clienti o la brand awareness. Ci siamo messi subito in gioco sul lato servizi per acquisire partner e clienti medio-grandi, in modo che quando il prodotto fosse stato pronto avessimo già dove piazzarlo e accorciare il ciclo di vendita.

Ad oggi abbiamo finanziato questo sviluppo utilizzando la marginalità e i servizi. Adesso dobbiamo accelerare la nostra roadmap di sviluppo, anche per andare ad acquisire alcune aziende tecniche, come spinoff universitari con tecnologie molto buone, e continuare l'internazionalizzazione. Abbiamo valutato diverse strade, ma siccome il management dell'azienda è impegnato a lungo termine, la strada dell'IPO ci sembrava la strada più adeguata".

Per cosa userete i proventi della quotazione?

"Li impiegheremo su quattro aree. La prima è il supporto dell'internazionalizzazione, migliorando la presenza dove siamo già. La seconda è la ricerca e sviluppo: oggi abbiamo tre soluzioni a sè stanti, ma vogliamo sviluppare una piattaforma integrata fatta da cinque prodotti verticali che porti vantaggi commerciali e tecnici. Il terzo punto è legato alla strutturazione dell'azienda: oggi col team che abbiamo riusciamo a seguire molto bene i clienti più grandi, mentre gli altri sono semi-gestiti; vogliamo migliorare i rapporti con tutti. L'ultimo campo è quello delle acquisizioni: abbiamo visto in passato delle startup molto interessanti, che magari hanno la tecnologia ma non risorse commerciali e di marketing, e che sarebbe interessante portarci in casa. In questo momento la qualità della tecnologia è più importate di dove si trova l'azienda, ma le realtà più interessanti che stiamo valutando sono in Italia e in Svizzera".
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