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La crisi da avidità e le banche italiane

Il modello italiano
Ma al di là della solidità dell' "impalcatura" fin qui descritta, è fondamentale sottolineare che esiste un pilastro centrale, del tutto particolare e diverso dai precedenti, che si è rivelato indispensabile per la tenuta del sistema bancario italiano in quest'ultimo difficilissimo periodo. E questo pilastro, questa volta, non è costituito da "cose", ma da persone. Non si vuole qui gareggiare in "amor patrio" con Pupo ed Emanuele Filiberto (il televoto, tra l'altro, non me lo perdonerebbe), ma francamente bisogna dire che il virus del credito facile e senza regole in Italia proprio non si è visto: è evidente che anche le nostre banche, come quelle di tutto il mondo, avranno effettuato operazioni speculative border-line a favore di grossi imprenditori anche sotto la spinta dei politici, ma non bisogna dimenticare che l'attuale crisi negli USA non è nata da grandi operazioni speculative a favore di grandi controparti, ma piuttosto da un generale, sistematico e pianificato abbassamento della soglia di sicurezza nell'erogazione del credito anche medio-piccolo.

In Italia il radicamento delle banche sul territorio e, se vogliamo, un certo "provincialismo" hanno tenuto di fatto le nostre banche con i piedi per terra con la conseguenza che, ad esempio, il concetto stesso di "mutuo facile, poco costoso e per tutti" di matrice americana non è stato neanche preso in considerazione dai nostri direttori e deliberanti. A fronte di richieste di affidamenti (mutui o non mutui), le istruttorie ci sono state e sono state di massima rigorose e, quand'anche qualche direttore avesse abbassato la guardia sotto una spinta commerciale sempre più pressante, sono intervenuti in seconda battuta i "deliberanti crediti" (il livello superiore di delibera) a riportare la situazione entro limiti di rischio ritenuti accettabili per la banca e per il sistema.

Si tratta, se vogliamo, di una questione di scuola: se per anni nelle nostre grandi banche è stata predicata l'attenzione per il rischio e si è inculcato nei funzionari il semplice principio che un mutuo andato in default è in grado di "mangiarsi" il rendimento di 10 mutui, l'arrivo da oltreoceano di strategie più orientate alla speculazione ed al facile guadagno può provocare anche da noi delle deviazioni ma, quando queste deviazioni vanno a scontrarsi con una rigida impostazione di base della banca, le stesse si trasformano in semplici casi eccezionali e come tali vengono gestite e riassorbite senza danno dal sistema.

In altre parole siamo mille miglia lontani dalle abitudini inglesi dove solo di recente la F.S.A. (una specie di Consob inglese) ha vietato alle banche di concedere mutui basandosi, come da prassi consolidata, sulla semplice "autocertificazione" dei redditi firmata dal richiedente in assenza di qualsiasi documentazione o controllo da parte della banca stessa. Conosco un buon numero di deliberanti fidi di banche italiane che, di fronte alla sola ipotesi di valutare la capacità di rimborso di un cliente esclusivamente sulla base di "autodichiarazioni" dei redditi, verrebbero colti da immediate convulsioni e necessiterebbero di essere subito sedati dai sanitari. E a difesa dei nostri deliberanti, ancora sotto farmaci, basterà ricordare che questi mutui, che costituiscono circa il 25% del totale dei mutui del Regno Unito, sono chiamati dagli inglesi stessi, in un impeto di sincerità, "i mutui dei bugiardi"!!!

In Italia, prego notare la differenza, nell'ambito di una istruttoria di mutuo, i direttori di molte banche sono tenuti da regolamento interno prima a verificare l'effettiva esistenza del datore di lavoro indicato dal richiedente (Pagine Bianche etc) e poi a contattarlo telefonicamente (con buona pace del garante della privacy) per assicurarsi che il cliente lavori effettivamente dove dichiarato! Inoltre, a maggior sicurezza, lo stesso regolamento proibisce esplicitamente ai direttori di utilizzare, per questo controllo, eventuali numeri di telefono forniti direttamente dal richiedente!

Saremo dunque pignoli, magari "vecchi" dal punto di vista della finanza innovativa, avremo una redditività inferiore agli altri, ma in uno scenario desolante dove negli USA 700 istituti su circa 8.000 sono considerati a rischio, dove le banche islandesi in default debbono ancora risarcire circa 400.000 correntisti olandesi ed inglesi, dove non è ancora chiaro il grado di coinvolgimento delle banche spagnole in un settore immobiliare a rischio di implosione e dove, come in Austria, è stato di recente salvato dallo Stato il 6° gruppo bancario con 7.000 dipendenti, il "modello italiano", non sarà quello canadese, ma quantomeno è un modello che non ha voluto sostituire "in toto" una equilibrata politica del credito con una strategia improntata alla speculazione ed all'avidità.


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