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Per astra ad aspera: la sanità italiana e la crisi finanziaria

Nel 2012 la cifra spesa per la sanità italiana è stata pari al 7,2% del PIL. Si può continuare così?

Anche sul fronte economico le statistiche non sono delle più rosee. Tra il 2000 ed il 2011 si è registrato un aumento della spesa sanitaria pubblica del 64,1% a fronte di una crescita del PIL, nello stesso periodo, di soli 31,9 punti percentuali. Confrontando i dati a livello europeo, negli ultimi cinque anni la crescita è stata circa doppia rispetto a quella media dell'eurozona.
Nel 2012 la cifra spesa è stata di 114,5 miliardi di euro, pari al 7,2% del Pil, nonché il 14,2% della spesa pubblica complessiva.
Si tratta comunque di spese più basse che in molti altri Paesi europei. Allora qual è il problema?

Il problema è che i soldi non ci sono e che i conti sanitari regionali sono in attivo solo in 5 regioni, mentre nelle restanti i deficit vengono coperti dalle tasse pagate dai cittadini. A rendere più fosco il quadretto, va detto che si verificano sempre più frequentemente casi di corruzione e concussione negli ospedali (l'ultimo al “Cardarelli” di Napoli) o casi di truffa, con casi di svergognato assenteismo per medici che andavano al mare mentre colleghi gli timbravano i cartellini. E vogliamo poi mettere che le Asl hanno maturato un debito stimato nei confronti dei loro fornitori per 40 miliardi di euro e che, last but not least, la scure dei tagli voluti dalla spending review del governo Monti, certamente colpirà laddove i soldi sono sempre di meno.

La manovra messa in campo per la sanità prevede la riduzione progressiva dei fondi destinati al Ssn dal 2012 al 2015 e la possibilità di un'addizionale dell'Irpef, fino all'1,1%, da imputare alle regioni per la fase di rientro dal debito. E poi troppa disparità per un quadro funzionale che dovrebbe invece tendere ad un valore medio in pressochè tutte le regioni; in tal senso va sottolineato come all'ospedale “Federico II” di Napoli si contano ben 220 primari, circa un primario ogni tre pazienti ricoverati, mentre al politecnico di Padova, considerato un polo sanitario di eccellenza, se ne contano 79, vale a dire uno ogni venti ricoverati.

C'è poi il “Policlinico Umberto I” di Roma, con ben 22 reparti di chirurgia che eseguono operazioni di colecistectomia laparoscopica, ciascuno con relativo primario e personale vario, nei quali il numero di interventi di questo tipo è minore che nei soli tre reparti dell'intera città di Modena. Senza contare i casi più eclatanti, come il caso del San Raffaele di Milano, o come il più recente caso dell'Idi di Roma, uno dei poli di eccellenza europei in ambito dermatologico, con un buco finanziario senza fine che ha risucchiato fondi pubblici senza colmare il disavanzo e accumulando, invece, centinaia di milioni di debiti.

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