Il nostro così proseguiva: "
Il piccolo proprietario fondiario, invece, non riceve altri impulsi se non da se stesso; la sua sfera è ristretta, ma vi si muove in libertà. La sua fortuna si accresce lentamente, ma non è soggetta a bruschi mutamenti. Il suo animo è tranquillo come il suo destino, i suoi gusti sono regolari e pacifici come il suo lavoro; e non avendo appunto bisogno di nessuno, pone lo spirito di indipendenza al centro della stessa povertà".
Questa perenne aspirazione a sottrarsi ai venti del mercato, in tempi passati ottenuta comprando anche solo un lembo di terra, fu tutt'uno con l'abolizione dei privilegi feudali: la grande eversione che infiammò l'Europa intera. Nella dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e dei cittadini, la proprietà è sacra. Dalla fine della guerra, esauritasi la civiltà contadina,
la casa di abitazione è divenuta il sinonimo della proprietà personale: un luogo a cui nessuno ha accesso, meno di tutti lo Stato con una tassazione patrimoniale.
L'ICI, pur sgradita, almeno era stata costruita come il corrispettivo dovuto per i servizi forniti dal Comune. Pochi o tanti che fossero, efficienti o meno, l'ICI aveva una razionalità intrinseca che l'IMU ha travolto, utilizzando il nomos delle acque per svellere il presidio assicurato dal nomos della terra. Anche la grande
Margaret Thatcher fece lo stesso errore, quando nel 1989 impose la poll-tax sulle abitazioni, un prelievo che si basava sul numero di persone che vi abitavano: più del 30% di coloro che erano soggetti all'imposta non pagarono, chi per incapienza chi per spirito di ribellione. Appena un anno dopo, la Lady di ferro fu costretta alle dimissioni: le fu impossibile tornare indietro, sulla tassazione e sul consenso. La poll-tax è un ricordo, sepolto. Gli errori si pagano.
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