I mercati nelle mani della politica, non il contrario.
ELEZIONI. L’attenzione per il voto americano è concentrata su Obama e Romney. Si trascura troppo il fatto che le leggi le scrive il Congresso. Il presidente ha diritto di veto e può applicare le leggi con una discrezionalità molto ampia, ma decide da solo soprattutto in politica estera. Il fiscal cliff, l’ingorgo di leggi fiscali in scadenza a fine anno, dovrà essere sbrogliato dal legislativo (nell'immagine il Campidoglio, sede del Congresso degli Stati Uniti, visto dalla Corte Suprema).
I sondaggi più autorevoli confermano, per la prossima legislatura, un Senato democratico e la Camera dei Rappresentanti ai repubblicani. Le rispettive maggioranze saranno più esigue, ma i rapporti di forza complessivi, salvo sorprese, non dovrebbero cambiare molto.
FISCAL CLIFF. Nell’ultimo periodo si è diffuso nel mercato un atteggiamento di relativa indifferenza sulla questione. In parte è la noia, effetto di un anno di discussioni su quello che succederà senza che nel frattempo sia successo niente. In parte è l’idea che si troverà un accordo in fretta e che, alla peggio, si deciderà di congelare tutto per qualche mese.
All’accordo rapido si può assegnare un terzo delle probabilità, lo stesso al rinvio. L’ultimo terzo va a un conflitto duro che potrebbe iniziare subito e scavalcare la fine dell’anno, salvo rimediare in gennaio con sanatorie e provvedimenti retroattivi.
Nel caso di conflitto, il nervosismo degli investitori domestici crescerà con l’avvicinarsi della fine dell’anno. Chi ha plusvalenze ampie sarà portato a vendere. In questo caso il tradizionale rialzo di fine anno potrà mancare. Le imprese, per contro, saranno meno influenzate di quanto non si pensi dal fiscal cliff, almeno nel breve termine.