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L'Oriente è ancora rosso?

Sempre più stato in Occidente, sempre più mercato in Cina.

I nove membri del Comitato Permanente dell'Ufficio Politico del Pcc.Singapore è un passo ulteriore. Formalmente è una democrazia occidentale, con elezioni regolari e un partito di opposizione. Il partito di governo è però sempre lo stesso da mezzo secolo ed è un partito-stato assai pervasivo, che di fatto non mostra alcuna intenzione di lasciare mai il potere. Le libertà civili esistono, ma sono molto più limitate che in Occidente. (Nella foto i nove membri del Comitato Permanente dell’Ufficio Politico del Pcc).

In sintesi, ci sono dunque ragioni per essere costruttivi sulla Cina e sulla sua capacità di proseguire sulla strada della crescita. Dati i tempi lunghi del rinnovamento in corso nel gruppo dirigente, tuttavia, non c’è da aspettarsi niente di clamoroso ancora per molti mesi. Il grande tema delle privatizzazioni non si tradurrà in misure concrete prima della conferenza economica dell’ottobre 2013.

In pratica la Cina non offrirà, nell’immediato, spunti rilevanti per un grande bull market delle borse asiatiche, ma darà loro un supporto di fondo più solido di quello che abbiamo visto negli ultimi mesi. Anche il renminbi, dopo la forte rivalutazione degli ultimi due anni, non offrirà particolari opportunità di guadagno, ma rimarrà una valuta solida e sicura che già sostituisce il dollaro in una parte crescente di transazioni commerciali interasiatiche.

Una Cina meno fragile di quanto spesso si pensi, toglie un argomento importante ai teorici della tempesta perfetta che amano allineare un’ipotetica recessione fiscale americana, una ricaduta europea sempre dietro l’angolo e un atterraggio duro cinese. Il prossimo periodo si profila ricco di incognite e colpi di scena (il fiscal cliff, la Grecia, la Spagna, le elezioni italiane), ma la volatilità che senz’altro vedremo difficilmente si tradurrà in rotture e bear market importanti.

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