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Un giorno di ordinaria follia

Caucasico, maschio, non tanto giovane, azionista.

L'Internal Revenue Service Building di Washington, sede storica del fisco americanoIl pensiero corre a quelle azioni ereditate dalla zia vent’anni fa. Da allora si sono apprezzate molto, anche se per gran parte è solo inflazione. Bisogna correre a venderle. Non importa se stanno perdendo il 3 per cento rispetto al giorno prima, conviene lo stesso liberarsene. Meglio disfarsi anche dei bancari, ora che la Warren ha vinto in Massachusetts e si prepara a portare in Senato tutto il suo zelo di nemica di Wall Street. Anche l’energia va venduta in fretta, prima che le miniere di carbone vengano chiuse, il fracking sul gas naturale cominci a essere oggetto di controversie legali infinite e una carbon tax colpisca tutto il settore.

Per non parlare, naturalmente, del fiscal cliff, di cui si discuterà per mesi e su cui c’è una combinazione di soluzioni possibili praticamente infinita e un’incertezza, di conseguenza, totale. I signori politici dovranno stabilire se fare decidere tutto al Congresso uscente o a quello nuovo che si insedierà in gennaio. Dovranno scegliere se sistemare tutto in un paio di settimane oppure rinviare il problema di sei mesi, oppure aspettare la notte del 31 dicembre, oppure avventurarsi nell’anno nuovo a tasse già salite e poi farle ridiscendere retroattivamente. Dovranno mettersi d’accordo se alzare le tasse di un dollaro per ogni tre dollari di tagli di spesa (l’idea che circolava l’anno scorso) oppure, adesso che ha rivinto Obama, accontentarsi (i repubblicani) di un dollaro di tagli per ogni dollaro di nuove tasse. Dovranno stabilire se approfittarne per dare una sistemata a tutta la legislazione sulle tasse e semplificare il codice fiscale (passato dalle 400 pagine del 1913 alle 74mila di oggi) o se fare solo qualche ritocco.

Nel dubbio, meglio vendere.

Pensare che la prima reazione europea al voto americano era stata quasi entusiastica. L’idea di una Fed obamizzata a perdita d’occhio, di una Yellen, colomba destinata a succedere a Bernanke nel 2014, e di un Quantitative easing abbondante e perpetuo, un centinaio di miliardi al mese di acquisti di Treasuries e la scomparsa per questa via del problema del disavanzo pubblico (totalmente finanziato dalla banca centrale) avevano eccitato gli animi. Con una pioggia di dollari di questa portata (cui vanno aggiunti euro, sterline e yen) si può scegliere a caso qualsiasi cosa con la certezza che salirà.

È sempre interessante come le cose appaiano spesso diverse se viste da vicino o da lontano. Ne sappiamo qualcosa noi italiani, quando sentiamo gli stranieri che ci vedono sempre molto bene o molto male (e più sono lontani più semplificano) e non si rendono minimamente conto delle contraddizioni che noi invece vediamo benissimo.

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