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Doubling Wages and Increasing Welfare: China at Turnaround

La Cina ha cambiato paradigma di crescita e di competizione internazionale.

Forse i cinesi hanno qualche motivo per dubitare del nostro modello finanziario, e guardano avanti. Se hanno deciso di cambiare il modello di sviluppo, finora basato sull'avanzo commerciale e soprattutto sulla crescita costante degli investimenti, produttivi ed immobiliari, per fondarlo d'ora in avanti sulla domanda interna è perché hanno compreso due cose: primo, che nel prossimo decennio la domanda occidentale sarà stagnante, perché proseguiranno le politiche di rigore al fine di ricostituire gli asset del sistema finanziario; secondo, che la fase dello sviluppo cinese basata sulla sostituzione delle produzioni industriali occidentali con altre a più basso costo del lavoro si è esaurita.

Siamo quindi al paradosso: mentre in Occidente si punta a recuperare quote di mercato all'estero per i prodotti tradizionali attraverso una maggiore competitività derivante dai minori costi del lavoro, in Cina si punta agli investimenti in prodotti a più elevato valore aggiunto ed all'ampliamento della quota del reddito da lavoro nella distribuzione. Mentre l'Europa distrugge il welfare pubblico perché lo ritiene un onere incompatibile con la competitività internazionale, la Cina cerca di dotarsene, perché altrimenti i cittadini non consumano a sufficienza: la paura di un futuro senza tutele li costringe a risparmiare sempre di più. Se non aumentassero i consumi interni, la Cina entrerebbe in recessione. Particolare curioso: la Cina tenderà ad avere prima dell'Europa una popolazione tendenzialmente più vecchia. Infatti, la sua piramide demografica ha una base molto ristretta della nostra per via della politica del figlio unico, praticata per anni per ridurre la sovrappolazione.

Lo spostamento da parte della Cina verso produzioni a più alto valore aggiunto e meno inquinanti spiazzerà ancora una volta l'Europa, che punta da anni a mantenere stabile il valore complessivo del prodotto ed a ridurne i costi per aumentare la profittabilità del capitale investito. Nello scorso decennio, ha già perso la sfida della globalizzazione e della modernizzazione: la Germania, che passa per essere un campione di efficienza, si è limitata ad aumentare il proprio peso all'interno dei confini dell'Unione con le sue industrie tradizionali.

Nei prossimi vent'anni, il futuro dell'Europa si chiama Fiscal Compact: l'impegno di ridurre il debito pubblico eccessivo al 60% del Pil comporta di drenare risorse dall'economia reale al sistema finanziario. Nessuno sa che cosa ci si farà con questa mole immensa di risorse: a fine 2011, erano oltre 2.426 miliardi di euro per i soli sette principali Paesi dell'area euro. Meglio fare sfoggio di superiorità, non immischiarsi dei nostri problemi e... criticare la Cina. L'Europa è un Re nudo.

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