Per il 2013 c’è una giustificazione, il fiscal cliff. Lo scontro politico, al di là di qualche misura tampone che verrà presa entro i primi di gennaio, si prolungherà per tutto il primo e forse il secondo trimestre. Una volta prese le grandi decisioni, si ragiona, verrà meno l’incertezza e questo fatto, da solo, porterà a una riaccelerazione dei consumi e degli investimenti. Tutto vero, se non per l’impatto che le misure fiscali avranno sull’economia. Se queste misure saranno modeste l’impressione degli operatori economici e dei mercati sarà che molto presto vi si dovrà di nuovo porre mano. L’incertezza, a quel punto, non verrà dissipata. Se invece le misure saranno significative (molte più tasse e molte meno spese) le conseguenze per l’economia, come ormai sappiamo in Europa (Regno Unito compreso) saranno negative. La speranza è che si prendano misure strutturali, come l’aumento dell’età della pensione, che abbiano un impatto importante ma non immediato. Al momento, tuttavia, non c’è molto sul tavolo.
Detto questo, rispetto a un anno fa non è irragionevole essere più fiduciosi. La politica fiscale americana, anche ammesso che diventi davvero (moderatamente) restrittiva, sarà compensata da una linea europea che su questo piano, al di là della retorica, sarà alla fine neutrale o addirittura leggermente espansiva. I disavanzi pubblici di molti paesi europei, infatti, non saranno a fine 2013 molto diversi da quelli finali del 2012.
Le politiche monetarie, in compenso, saranno ancora più espansive. La Fed è più aggressiva ogni mese che passa e il suo Quantitative easing continuerà fino a che la disoccupazione non sarà scesa al 6.5 per cento (e non al 7 come si era capito fino agli ultimi giorni). La Bce, dal canto suo, con la svolta di agosto è diventata una banca centrale (quasi) normale e la normalità, di questi tempi, significa monetizzazione del debito pubblico.
Quello che potrà, però, fare pendere la bilancia dal lato positivo sarà la ripresa del mercato immobiliare (e, in particolare, dell’edilizia) negli Stati Uniti e in Cina. Oltre a sostenere materie prime e acciaio (che altrimenti sarebbero scesi) l’edilizia promuoverà l’occupazione e un largo indotto.
La ripresa delle costruzioni avrà, però, una conseguenza negativa di cui è bene essere consapevoli. Fino a oggi i consumi di alcuni beni non troppo costosi (tablet, cellulari, abbigliamento, piccola gioielleria) sono andati bene perché hanno assolto una funzione consolatoria. Non impegnandosi in operazioni rilevanti come l’acquisto di una casa, a molte persone è restata in tasca la disponibilità per togliersi qualche soddisfazione nella vita quotidiana. Se si riprenderà ad acquistare case, il pagamento del mutuo assorbirà per molte famiglie risorse importanti e ci saranno meno soldi per le piccole gratificazioni.
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