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Prime considerazioni sull'Agenda Monti

Sono ormai numerosi i commenti sull'Agenda Monti.

In questo secondo caso che è quello più ricorrente in generale, ma in particolare nel caso italiano, dove le imprese negli ultimi decenni non hanno evidenziato i gravi problemi di indebitamento degli anni '70 e '80, dove le famiglie mantengono una propensione al risparmio relativamente più alta che in altri Paesi occidentali non si capisce che senso abbia bloccare l'accumulazione del paese e comprometterne le prospettive di crescita. Non si capisce come si possano avere finanze pubbliche sane ai vari livelli se non si rimette in moto la crescita economica che è condizione imprescindibile non per pareggiare ragionieristicamente i conti pubblici ma per rendere sostenibile il debito pubblico qualunque sia il livello attualmente raggiunto - anche per responsabilità di questo governo dimissionario. Ricordo che il Giappone gestisce un debito del 225% e non è fallito. Ricordo che ripescare l'obiettivo del 60% a suo tempo indicato nei parametri di Maastricht era semplicemente la media dei paesi europei più virtuosi nella seconda metà degli anni '80 e che adesso non ha senso se, per effetto della crisi, la stessa media si avvicina ormai al 90%. Vogliamo fare sempre i primi della classe a parole?

La terza considerazione riguarda la spending review. Secondo il prof. Monti essa non vuol dire solo "meno spesa ma migliore spesa". L'affermazione potrebbe essere accettata se si trattasse di vera spending review, ma non è stato così nell'anno passato, non sarà così nel 2013 e non sarà così se non indicano almeno due modifiche sostanziali. I tagli orizzontali sono mirati a risparmiare e basta. Tagliano i fondi alle gestioni virtuose e a quelle inefficienti. E quindi determinano iniquità senza migliorare l'efficienza.

Le proteste che sono in corso nel Paese non sono tutte strumentalizzazioni dei lavoratori dei Comitati unitari di base e/o della sinistra radicale. Evidenziano un problema reale. Oso dire che la spending review dovrebbe in alcuni casi - e nella realtà ci sono - portare a maggiore spesa quando la revisione ha verificato che i fondi a disposizione sono stati utilizzati al meglio e, tuttavia, essi sono ancora ben al di sotto dei fabbisogni standard, ossia, delle necessità attentamente verificate. Come è assurdo pensare che l'efficienza possa essere migliorata a parità di risorse disponibili o addirittura riducendole.

Infine, se si vuole veramente superare la logica dei tagli orizzontali, il prof. Monti dovrebbe capire, una volta per tutte, che la revisione della spesa non è roba dei ministri di un governo tecnico né politico, né di un commissario esterno. Bisogna coinvolgere l'alta dirigenza ai vari livelli e controllarla con adeguati servizi ispettivi. Solo i manager pubblici sanno dove sono le sacche di inefficienza, ma se anche essi non vengono attentamente valutati non hanno interesse ad eliminarle. Concordo sulla considerazione secondo cui "la spending review richiede tempo ed un approccio sistematico e continuativo". Ma questa è una ovvietà e non serve a nulla se non ad allungare l'elenco dei problemi che il suo governo tecnico non ha affrontato.

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