Nonostante questo, si sta diffondendo in modo virale nei mercati e tra molti economisti l’idea che stiamo finalmente uscendo definitivamente e irreversibilmente dalla lunga fase di bassa crescita (nel mondo) o di recessione (nella periferia europea). Stiamo invece entrando, si dice, in un lungo ciclo di forte sviluppo, con utili crescenti e borse avviate verso nuovi massimi. Le banche centrali sono sempre più aggressive, si aggiunge, i politici sono sempre più convinti della necessità di crescere, il Giappone vuole creare ancora più moneta della Fed, gli emergenti vogliono tornare a brillare e anche il più distratto degli investitori sta cominciando a rendersi conto che il futuro è tutto nell’azionario.
Ci sono casi di dissonanza quasi da manuale. Olivier Blanchard, nel momento in cui parla del grande ottimismo che si coglie nell’aria e si dichiara a sua volta fiducioso, taglia le stime di crescita del Fondo Monetario. Lo stesso discorso si potrebbe fare per molti altri policy maker (incluso il Fomc della Fed), visibilmente sollevati e allegri mentre riducono le loro previsioni.
Proviamo a raccapezzarci facendo tre tipi di osservazioni. Nel primo metteremo le ragioni di ottimismo del mercato effettivamente fondate nella realtà. Nel secondo criticheremo alcune altre ragioni di ottimismo che hanno in questo momento ampia circolazione. Nel terzo ne introdurremo delle altre, che probabilmente spiegano meglio il rialzo attuale delle borse e le buone prospettive per quest’anno e per i prossimi.
Nel primo gruppo mettiamo le novità politiche succedutesi da luglio a oggi. L’accettazione tedesca di una mutualizzazione attraverso la Bce del debito europeo è stata il primo grande passo. Il potenziamento e la flessibilizzazione del Quantitative easing da parte della Fed è stato il secondo. Il superamento dello scoglio del fiscal cliff americano è stato il terzo. L’intenzione della nuova dirigenza cinese e del nuovo governo giapponese di rilanciare la crescita sono stati il quarto e il quinto. L’ammorbidimento repubblicano sul debt ceiling e il proposito di evitare azioni distruttive e concentrarsi nei prossimi mesi su un ridisegno complessivo della politica fiscale americana sono il sesto.
Nel secondo gruppo di osservazioni proveremo a vedere i limiti di alcuni dei ragionamenti carichi di ottimismo che circolano nei mercati.
Cominciamo con il dire che, sul piano strutturale, abbiamo finora avuto solo un assaggio degli effetti dell’invecchiamento della popolazione in tutti i paesi sviluppati. Il grosso del peso deve ancora scaricarsi sui sistemi previdenziali e sanitari. Parlare della possibilità di una riaccelerazione permanente e significativa della crescita in un contesto futuro di disavanzi pubblici ancora più sotto pressione è fuori luogo. Lo è ancora di più perché l’orientamento di tutti i governi europei occidentali (UK escluso) e, sempre di più, degli Stati Uniti è quello di affrontare il problema non con tagli di spesa ma con tasse sempre più alte, che inevitabilmente freneranno la crescita.
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