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Dissonanze cognitive

Gli occhiali sono rosa, il mondo non ancora.

La teoria della dissonanza cognitiva risale al 1957. Questo testo del 2007 ne ripercorre i primi 50 anni di storia.Venendo all’Europa, il locomotore tedesco sarà appesantito dal costo crescente del lavoro (la Germania è in piena occupazione), dalla ripresa di aggressività del Giappone (che svaluta lo yen e spiazza ampi settori dell’industria tedesca, l’auto in primo luogo), dal costo crescente dell’integrazione europea (che tenderà sempre più a trasformarsi in un’unione dei trasferimenti) e dalla pressione al rialzo sull’euro anche nei confronti del dollaro.

L’Omt, dal canto suo, funziona bene finché resta fermo in stazione. Nel momento in cui dovesse partire sul serio, è lecito supporre che, arrivati a un certo livello gli acquisti di Btp e Bonos da parte della Bce, il malessere tedesco tornerebbe a manifestarsi seminando di nuovo il dubbio nei mercati sulla solidità della rete di sostegno sotto Italia e Spagna. È per questo che dobbiamo augurarci tutti che l’Omt non parta mai. Se però non partirà e se le banche (come in qualche caso stanno cominciando a fare) restituiranno alla Bce una parte dei finanziamenti ottenuti con i due Ltro, il bilancio della banca centrale, invece di continuare a espandersi come quello della Fed, rischierà addirittura di contrarsi, mettendo altra pressione al rialzo sull’euro.

Quanto alla periferia, la riduzione dello spread rallenta l’aumento del debito, ma non è sufficiente a rimettere in moto la crescita in una fase in cui le banche continuano a cercare di diventare più piccole e in cui la domanda di credito è bassa perché bassa è la marginalità per le imprese. La periferia si trova dunque davanti a due alternative rischiose. Se si smette di puntare a una riduzione del disavanzo il debito cresce velocemente. Se si aumenta ancora la pressione fiscale si rischia l’avvitamento. L’unico fattore di crescita possibile resta l’export, ma su questo l’Italia è più indietro di tutti.

Venendo agli Stati Uniti, è forte la sensazione che sia imminente (o addirittura già partita) un’accelerazione nella creazione di posti di lavoro. La ripresa dell’edilizia darà un contributo importante in questa direzione, visibile peraltro in quasi tutti i settori.

Facciamo però un passo indietro. La crisi del 2008-2009 portò a una caduta dell’occupazione ancora più pesante di quella della produzione. In seguito il Pil si riprese, ma l’occupazione molto meno, al punto che nel 2011 la produzione ritornò ai livelli precrisi con 5 milioni di occupati in meno. Logico, in questo contesto, immaginare un’esplosione dei margini e degli utili che infatti c’è stata. Da qualche mese accade però il contrario. L’occupazione cresce più velocemente del Pil ed è lecito attendersi, se questa tendenza continuerà, un inizio di discesa dei margini, che il mercato non sta scontando. L’aumento della top line (il fatturato) compenserà solo in parte la pressione sui margini.

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