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La veduta corta della Merkel e le scelte del Consiglio Europeo

Ora che conosciamo i termini del compromesso raggiunto dal Consiglio Europeo, cosa faranno i paesi euromed?

Una tale politica monetaria non funziona neanche negli Stati Uniti dove c'è un sistema bancario unitario figuriamoci nell'Eurozona dove esistono 17 sistemi bancari diversi con sistemi di vigilanza più o meno efficienti e dove la progettata Unione bancaria dovrà attendere ancora anni e anni prima di essere realizzata. Un oceano di liquidità, eppure c'è una stretta creditizia (credit crunch). I fondi non arrivano alle piccole e medie imprese né alle famiglie e se ci arrivano lo fanno con differenziali molto elevati rispetto a quanto avviene nei paesi del centro e Nord Europa. Le banche che si approvvigionano dalla BCE allo 0,75% utilizzano la liquidità per sottoscrivere i titoli del debito pubblico oppure per attività speculative mirate a compensare le perdite emergenti su precedenti attività speculative o le crescenti sofferenze per crediti difficilmente esigibili (125 miliardi a fine 2012). In una fase recessiva molto pesante è normale che il credito erogato alle imprese subisca restrizioni, il costo del denaro aumenta e se il credito viene erogato lo si fa ad alti tassi di interesse. Il paradosso è che le banche - anche di dubbia reputazione - possono utilizzare secondo convenienza la liquidità immessa nel sistema dalla BCE, ma non lo possono fare i governi dei paesi euromed perché già sovraccarichi di debiti in parte fatti proprio per salvare le banche.

In Italia, lo Stato alla fine trova 4 miliardi da prestare alla Banca MPS ma non può - o meglio, non vuole - farlo per mettere in sicurezza scuole pericolanti, strade statali e comunali dissestate, argini di fiumi e torrenti. Una volta si diceva che il governo non poteva indebitarsi perché spiazzava gli investimenti privati, ora non lo può lo stesso perché altrimenti aumenterebbe il debito pubblico, rimetterebbe in discussione la sua sostenibilità e, di conseguenza, quella della moneta comune.

Nelle ultime settimane stiamo assistendo inermi alla guerra delle valute. Il Giappone ha rotto gli indugi e sta inflazionando per determinare una svalutazione dello Yen, il debito pubblico (235% del PIL) e il rilancio della domanda interna. Il dollaro fluttua al ribasso. Il Presidente Hollande, prima del Consiglio europeo, ha detto che l'euro è troppo forte e questo non aiuta la ripresa. Anche il Presidente della BCE Draghi ha fatto capire che sta seguendo con attenzione la materia. Sostenere questo livello del cambio dell'euro non aiuta le esportazioni europee, specie quelle dei paesi euromed.

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