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Gli italiani, la legge elettorale e la governabilità

La governabilità dell'Italia non dipende dalla legge elettorale.

Qualcuno dice che con Renzi il Partito democratico avrebbe vinto alla grande e si sarebbe assicurato la governabilità. Naturalmente non dice come e perché. Secondo me, simile affermazione non ha fondamento alcuno perché non tiene conto del sistema elettorale, del fatto che 11 milioni di elettori si sono astenuti e che, non ultimo, in Parlamento è entrata una nuova forza politica (M5S) che ha raccolto il 25% dei voti espressi. Se si tiene conto di questi semplici dati di fatto allora si capisce perché, al di là della qualità delle rispettive leadership, i due partiti maggiori hanno preso meno voti. Ma chi l'ha detto che la maggioranza parlamentare, ipso facto, assicura la governabilità del Paese?

Lo dicono "autorevoli" commentatori che scrivono sui principali giornali. A mio diverso parere, i risultati attuali sono coerenti con il meccanismo della legge Calderoli. Alla Camera dei Deputati, come previsto, il partito e/o la coalizione che ha preso più voti ha un'ampia maggioranza dei seggi. Al Senato no perché lì i premi di maggioranza sono correlati alla popolazione e, quindi, agli elettori delle diverse Regioni. Con questa variante si può verificare che se un partito è più forte nelle regioni più popolose si appropria della parte più consistente del premio di maggioranza. Tale variante è stata introdotta su suggerimento dell'allora Presidente Ciampi in contemporanea all'approvazione della riforma della seconda parte della Costituzione dove si prevedeva la trasformazione del Senato in senso federale.

Era prevedibile e previsto che la composizione dei vari premi regionali non assicurasse al Senato una maggioranza omogenea a quella della Camera o viceversa. È questo un difetto della legge elettorale? No, perché è stata consapevolmente voluta così perché allora, nella parallela riforma costituzionale del 2005, era prevista la differenziazione delle competenze del Senato. Infatti, certa dottrina costituzionale da tempo criticava il bicameralismo perfetto (piena parità di competenze e poteri tra Deputati e Senatori) perché il sistema risultava complessivamente lento e perciò poco efficiente. Senonché la riforma costituzionale fu poi bocciata dal referendum popolare dell'ottobre 2006 ma la legge Calderoli rimase e, contrariamente, alle aspettative di chi l'aveva promossa, assicurò a Prodi di vincere le elezioni del 2006. Nel 2008 ha assicurato a Berlusconi un'ampia maggioranza sia alla Camera che al Senato. Paradossalmente poi Berlusconi, per colpa sua, ha perso la maggioranza proprio alla Camera dove inizialmente disponeva di circa cento seggi in più.

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