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Le macerie dell'economia italiana

Un'analisi della tragica situazione dell'economia italiana.

Occorre perciò programmare con rigore, con tempestività, con responsabile chiaroveggenza la formazione e l'utilizzazione delle risorse. E occorre che la programmazione sia strettamente e organicamente collegata con la politica di bilancio, mirando ad un bilancio costruito in funzione di obiettivi programmati e gestito al servizio di precise e verificabili azioni programmate, anziché una serie parallela di formali documenti di programmazione e di bilancio non sempre affiatati e convergenti.

Secondo me, questa è austerità correttamente intesa e può essere anche di sinistra. Concezione che vale bene oggi 40 anni dopo in un contesto notevolmente cambiato. Allora l'Italia aveva inanellato una serie di svalutazioni competitive, c'era in corso un conflitto distributivo molto aspro, c'era in atto la strategia c.d. stragista - a quattro anni dalla bomba alla Banca nazionale agricoltura, Piazza Fontana, Milano 12-12-1969 - volta a imprimere una svolta a destra al governo. C'era lo shock petrolifero che drenava enormi quantità di liquidità dal mercato per via della c.d. tassa degli sceicchi. Ricordo le domeniche a piedi nel tentativo di risparmiare benzina.

Oggi la situazione è molto diversa perché se è vero che al Carnevale segue la Quaresima, è anche vero che il Carnevale per i ricchi e la Quaresima per i poveri durano tutto l'anno dopo il crollo storico dei salari e l'impoverimento della classe media. Per contro, ogni giorno decine e decine di pagine dei grandi giornali, delle riviste glamour, e gli spot televisivi sono occupati dalla patinata pubblicità delle case di alta moda. I relativi titoli fanno le migliori performance in borsa. A parte questa precisazione, condivido la tesi principale di Brancaccio e Passarella.

Venendo alle argomentazioni più importanti diciamo che gli Autori sostengono che lo spread vada più correttamente collegato al deficit della bilancia dei pagamenti che al deficit del bilancio dello Stato, all'eccesso delle importazioni sulle esportazioni. Questo squilibrio macro all'interno della UE prima o poi spingerebbe i Paesi periferici a uscire dall'euro e riconquistare la loro sovranità monetaria. Lo spread è diventato il "motore" di riforme illiberali e strumento fondamentale per fare arretrare il modello sociale europeo. Ma se tutti riuscissero ad attuare la deflazione competitiva, il risultato sarebbe disastroso non solo per l'euro ma anche per il mercato unico. D'altra parte questo non può reggere a lungo sulla competizione salariale e fiscale perpetua.

Per correggere questa deformazione congenita dell'Unione economica e monetaria, gli Autori propongono misure di coordinamento della contrattazione salariale e livello europeo definendo anche uno standard retributivo minimo. In altre parole, bisognerebbe garantire una crescita minima dei salari nominali, agganciando la dinamica all'andamento dei conti con l'estero dei paesi membri, prevedendo sanzioni se detta dinamica dei salari nominali non rispettasse lo standard retributivo prefissato. Non ultimo propongono la valorizzazione della clausola della valuta scarsa prevista nello Statuto del FMI e l'attuazione di un certo grado di repressione finanziaria come proposta da Reinhart e Rogoff. In sintesi, integrazione dei parametri di Maastricht con lo standard retributivo e, magari, con un tetto massimo alla disoccupazione.
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