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Come nel 1936

La capitolazione francese allora, quella europea e giapponese oggi.

Parigi. 1936.La Francia tentò di resistere. Le svalutazioni degli altri la rendevano sempre meno competitiva e la deflazione aveva creato crisi e disoccupazione, ma un insieme di considerazioni di prestigio e un attaccamento ai principi avevano indotto i governi a tenere duro e a sopportare un franco che nel frattempo era divenuto chiaramente sopravvalutato. Il Fronte Popolare, vincitore delle elezioni del maggio 1936, suscitò paure e fughe di capitali. A settembre il governo Blum capitolò, ultimo nel mondo, e lasciò andare il franco. Il nuovo spazio di libertà fu gestito nel complesso male, con aumenti salariali eccessivi che portarono a una svalutazione del franco, tra il 1936 e il 1938, del 70 per cento. La classe media, impoverita, avrebbe più tardi in larga misura appoggiato il regime di Vichy.

(Nella foto: Parigi, 1936)


A cinque anni dal 2008, gli eventi degli anni Venti e Trenta sono perfettamente visibili, in filigrana, dietro alle nostre vicende contemporanee. In sede di bilancio (provvisorio, come vedremo) è chiaro che il 1931 inglese corrisponde al 2009 americano, mentre il 1936 francese corrisponde al 2013 europeo e giapponese. Come allora, chi è uscito per primo dalla deflazione si trova meglio, chi ha invece provato a resistere ha dovuto comunque capitolare e si ritrova ora in condizioni incerte e difficili. Il Regno Unito di oggi, per inciso, ha seguito una strada intermedia tra quella americana e quella europea e si ritrova quindi, in modo perfettamente conseguente, peggio dell’America e meglio dell’Europa.

Il successo della formula americana, confrontata con quella europea, è schiacciante. L’America ha risanato le banche e l’Europa no. L’America è cresciuta in ognuno dei quattro anni passati e l’Europa ha ondeggiato in modo preoccupante per poi afflosciarsi completamente, Francia e Germania comprese, dalla metà dell’anno scorso. L’America ha fin da subito pagato tassi reali negativi sul suo debito, la periferia europea ha pagato tassi reali altissimi. L’America ha visto una riduzione lenta ma costante della disoccupazione, l’Europa (Germania esclusa) ha visto una crescita esplosiva che, in Francia e in Italia, continuerà anche quest’anno e, probabilmente, nel prossimo.

Il dato più clamoroso è però un altro. L’Europa, con tutti i suoi sacrifici, i suoi disoccupati e le sue tasse, si ritroverà nel 2014 (e ancora di più nel 2015) con un disavanzo pubblico molto più alto di quello che, con tutte le sue mani bucate, farà registrare l’America. Gli Stati Uniti, che nel 2009 produssero un buco di bilancio del 10 per cento del Pil, scenderanno al 3.4 nel 2014 e al 2.1 nel 2015. In Europa, per contro, Francia e Italia si ritroveranno verosimilmente vicine al 4, come del resto l’Olanda. Dal canto loro, Spagna e Portogallo resteranno ampiamente sopra questo livello.

Per effetto della stagnazione e dei disavanzi, il debito europeo su Pil, fatti i conti, sarà cresciuto dal 2008 al 2015 come quello americano e probabilmente di più.

E non è finita, attenzione, perché adesso comincia per l’Europa una fase politicamente opaca e delicata in cui non è trascurabile il rischio che un paese (l’Italia) o più paesi buttino via l’occasione fornita dalla fine dell’austerità e si lascino andare alla conflittualità politica e sociale, perdendo il controllo della situazione. Esattamente quello che successe al Fronte Popolare in Francia tra il 1937 e il 1938.
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