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La fede nella FED

Giugno è stato un appetizer di quello che accade quando si tira troppo la corda.

Seconda osservazione: a differenza degli ultimi anni, dove a ogni calo degli asset a rischio corrispondeva un rialzo degli asset “assicurazione” (= bonds lunghi USA e Germania e oro), a questo giro è venuto tutto giù. Segno che i mercati hanno reputato di non aver motivo di assicurarsi, grazie al sostegno illimitato delle banche centrali. A dare il responso sull’efficacia di questa strategia sarà l’azione dei mercati stessi. Il vero rischio a mio avviso è sottovalutare i rischi e confidare nell’onnipotenza di chi onnipotente non si è dimostrato. La ripresa economica è un miraggio in gran parte d’Europa e va al rallentatore negli USA. Tre BRIC su quattro e l’indice degli EMG sono in bear market. La leva finanziaria sul NYSE è a i massimi storici.



Ho ripetutamente allertato nei mesi scorsi di attendersi bonds in calo e un aumento della volatilità. Anche il ciclo della borsa USA, partito in Marzo 2009, ha ormai 52 mesi: di ciclo al rallentatore si tratta, ma siamo vicini ai record in termini di durata. Anche se questa correzione venisse ripresa e i massimi ritoccati nei prossimi mesi, la dimensione del problema non cambierebbe: semplicemente, si amplificherebbe. Gonfiati a dismisura dagli estrogeni del QE (non è certo il caso della borsa italiana, cui non mancano peraltro i guai autonomi), molti mercati di cui si è ampiamente discusso nei post precedenti hanno due sole, reali alternative: dimagrire dalla leva in eccesso attraverso una lunga dieta di mantenimento fatta di bassi e scomodi rendimenti, oppure far salire ancora una volta il colesterolo della sopravvalutazione fino a essere ricoverati d’urgenza e sottoposti a terapie choc, come successe nel 2001-2002 e nel 2008-2009.
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