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Il Convitato di Pietra

Tutti a pensare al tapering, ma là nell’angolo, intanto...

Due settimane fa tutto era semplice, ora tutto è complicato. All’inizio di agosto il mercato sembrava tranquillo, appagato e riconciliato con la Fed. Dopotutto, si diceva, con un’inflazione ai minimi in quasi tutto il mondo la stretta monetaria preannunciata da Bernanke non sarà certamente feroce. Si tratterà semplicemente di un graduale ritorno alla normalità, lento, benevolo e attento a non disturbare in nessun modo la crescita. Alla fine, si era arrivati a pensare, ci dimenticheremo presto dello psicodramma del tapering, passatempo dell’estate 2013, e metteremo a fuoco l’accelerazione della crescita negli Stati Uniti e l’uscita dalla recessione dell’Europa.

Due settimane dopo, cioè oggi, domina invece il nervosismo. Il tapering, ovvero la riduzione degli acquisti di titoli da parte della Fed, si avvicina. Se non inizierà in settembre sarà per dicembre. Insomma, ci tocca. Il tapering non è solo l’avvio di una nuova stagione di politica monetaria, questa volta restrittiva, ma il prologo di un ciclo secolare di rialzo dei tassi. E si sa che, quando i tassi iniziano a salire, presto o tardi gli zombie indebitati, che riuscivano a tirare avanti con i tassi a zero, cominciano a uscire rumorosamente di scena, facendo default o, se si tratta di stati nazionali, attraverso crisi della bilancia dei pagamenti.

Ma non c’è solo questo, che pure basterebbe. Ci sono molti altri fattori di disturbo.

Il primo è in America. Si avvicina un nuovo round dello scontro fiscale tra democratici e repubblicani. C’è la possibilità di una chiusura graduale della pubblica amministrazione a partire dall’inizio di novembre. C’è anche la possibilità teorica di un default sul debito. Ma come, si dirà, di nuovo? Non si era forse raggiunto, con il sequester, un accordo soddisfacente? Non si era parlato di pace fiscale per almeno qualche anno?

(Nella foto: Fragonard. Don Giovanni e il convitato di pietra. 1830.)
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