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Syriana

Il primo di una lunga serie di ostacoli.

Il primo di una lunga serie di ostacoli.

Nel film Syriana, libera elaborazione della storia vera di un agente della Cia in Medio Oriente, il protagonista George Clooney deve fare i conti con una politica estera americana che ha più cinismo che strategia e più confusione che cinismo. C’è comunque, al fondo, un minimo di filo rosso costituito dal petrolio. Nel nome del petrolio, ovvero della sicurezza nazionale, il dipartimento della giustizia si accontenta di fare saltare un paio di teste e lascia correre, nella sostanza, la grande tangente pagata dalla compagnia petrolifera americana al paese produttore. Quanto al dipartimento di stato, si intravede sullo sfondo un accordo con la Cina per spartirsi l’estrazione che poco ha a che fare con i principi della libera concorrenza.

La Siria vera di petrolio ne ha abbastanza poco. Prima della guerra civile la produzione aveva toccato i 400mila barili al giorno (un quarto rispetto alla Libia) e veniva comunque utilizzata per il consumo interno. Oggi la produzione è certamente inferiore. Di gas ce n’è di più, in particolare al largo della costa mediterranea, ma è ancora tutto sotto il fondo marino. L’America paga il suo gas 3.50 dollari, quasi niente, e ne ha talmente tanto che non sa più dove metterlo. Il gas del Mediterraneo orientale costa di più e poi va trasportato. Può interessare solo all’Europa, che per diversificare le forniture da Algeria, Libia e Russia ha comunque già a disposizione il gas cipriota e israeliano.

La prospettiva di un’azione punitiva occidentale contro il regime siriano ha fatto scattare nei mercati i riflessi automatici che si producono solitamente quando si comincia a parlare di guerra. Ha fatto salire il greggio e i Treasuries e ha fatto scendere le borse.

(Nella foto: George Clooney nel film Syriana. 2005.)
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